WhatsApp sta per introdurre una importante novità sul proprio messenger, un piccolo strumento che, unito all’intelligenza ed alla capacità critica degli utenti, potrà evitare un ben po’ di passaparola molesti. Il riferimento è a tutta quella montagna di fake news che spesso prendono il largo sulle chat e sui gruppi, moltiplicando il proprio volume inoltra dopo inoltra. La compulsività delle condivisioni con i propri contatti ha portato spesso problemi in passato ed ora WhatsApp tenta di rispondere al problema con uno strumento rimasto in prova per alcuni mesi ed ora ufficialmente in arrivo, anche in Italia.
Il nostro Paese è contemplato nel gruppo dei primi che riceveranno il nuovo strumento di verifica assieme a Brasile, Irlanda, Messico, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti: non è dato sapere a cosa sia dovuta la scelta dei paese, ma per certi versi non ci sarebbe nulla da obiettare se la scelta fosse stata compiuta anche sulla base delle esperienze Covid vissute su WhatsApp nei mesi scorsi. Il riferimento al coronavirus non è casuale: l’esempio diramato, infatti, fa esplicito riferimento a questo tipo di disinformazione, quella più pressante in questo momento di emergenza sanitaria.
WhatsApp: clicca e cerca, poi condividi
WhatsApp non indicherà di per sé quali messaggi corrispondano a verità e quali invece a notizie fasulle: Mark Zuckerberg intende stare fermamente fuori da questo tipo di approccio perché ciò significherebbe una impossibile assunzione di responsabilità sia da parte di WhatsApp che da parte di Facebook ed Instagram. Per questo motivo l’app semplicemente conterà il numero di volte in cui un messaggio è stato condiviso e, quando il numero inizia a farsi eccessivo, ecco comparire un pulsante che invita a cercare il contenuto del messaggio su Google. Insomma, se non sei certo che sia vero, prima di condividerlo verifica: basta un click.
Questo strumento ha chiaramente limiti molto stringenti perché, prima di fermare un passaparola magari condito di rabbia o indignazione, devono essere compresenti:
- una certa consapevolezza da parte dell’utente, che deve sapere a cosa serva quel nuovo pulsante di ricerca;
- un certo senso critico da parte dell’utente, quanto basta per essere in grado di metter in dubbio una notizia, per verosimile che possa apparire;
- informazioni sul caso specifico presenti online, così che il pulsante di ricerca sappia fornire informazioni chiare invece che alimentare ulteriormente la curiosità sulla possibilità che il messaggio corrisponda al vero.
Questo nuovo strumento di WhatsApp, insomma, sembra poter fermare soltanto le catene di lunga durata, quelle che continuano a perpetrarsi anche dopo molti giorni e magari senza clamore eccessivo (così da non trovare online l’ostacolo del debunking). La responsabilità del “Vero" è per certi versi scaricata altrove, lasciando a Google il dovere di dirimere la guerra quotidiana tra l’informazione di servizio e la disinformazione.
Nel momento in cui scriviamo questa icona non risulta essere stata ancora attivata, ma il rollout è in corso in queste ore e quindi per vedere la nuova funzione è soltanto questione di poche ore e di un aggiornamento in itinere.
Servirà solo se…
Quando a suo tempo WhatsApp introdusse l’icona dell’Inoltra – che testimoniava il fatto che il messaggio ricevuto non fosse originale, ma frutto di una condivisione – e quando in seguito introdusse un limite agli Inoltra, lo strumento sortì qualche importante risultato e limitò in parte le condivisioni compulsive. Si tratta solo di una piccola icona, ma consente di capire quale sia la fonte di un messaggio: se sia stato scritto e pensato, o se arrivi da altri e quindi meriti almeno un attimo di riflessione. Il nuovo pulsante aggiunge un passaggio ulteriore, facilitando la ricerca sul tema specifico ed affidando a Google il ruolo di vigile tra le informazioni online.
Non resta che coltivare il giusto senso critico nelle persone e sperare che imparino tutti a cercare ed a riflettere, prima di inoltrare. Sarà un gesto di ecologia dell’informazione che potrebbe risparmiare milioni di messaggi spazzatura, di fake news e di puerile indignazione da quattro soldi.