WhatsApp: adesca 3 bambine fingendosi una di loro

Si è finto una ragazzina, riuscendo a catturare la fiducia di tre bambine chiacchierando con loro su WhatsApp e le ha incontrate fisicamente.

Nessun posto sul Web è un posto sicuro, ma alcuni lo sono meno di altri: i social network rappresentano, nello stesso momento, l’invenzione più bella e quella più pericolosa dei giorni nostri. Se lasciate nelle mani di un bambino, soprattutto se non supervisionato da un adulto, le piattaforme social possono rivelarsi piene di pericoli e  il posto perfetto per adescare minori, sfoggiando false identità.

Sarebbe accaduto proprio questo in provincia di Lodi, dove un uomo di 48 anni è riuscito a circuire tre bambine, la cui età è compresa fra gli 11 e i 13 anni, utilizzando WhatsApp, il celeberrimo sistema di messaggistica istantanea.

WhatsApp utilizzato per adescare bambini

Stando alla ricostruzione riportata da ANSA, l’uomo avrebbe registrato un account WhatsApp – che vi ricordiamo è comunque associato a un numero di telefono – utilizzando un nome e una foto falsi, creando ad-hoc quello che evidentemente doveva proprio sembrare il profilo di una bambina di meno di 14 anni. Già, perché le vittime si sono fidate di quella ragazzina (immaginaria) tanto da diventarle amiche.

Non è ben chiaro in che modo, ma l’uomo è riuscito a incontrare tutte le tre bambine, portandole in casa propria e abusando di loro. Secondo l’accusa, a rendere ancor più terribile la già agghiacciante situazione, il soggetto avrebbe anche ripreso con uno smartphone o una videocamera le bambine mentre erano costrette ad assumere determinati atteggiamenti.

Il quarantottenne sarebbe già stato arrestato e – attualmente – si troverebbe in custodia cautelare nel carcere di Milano. La terribile vicenda è durata pare per ben 3 anni e – probabilmente – non si sarebbe riuscito a scoprire niente se una delle tre bambine – evidentemente distrutta dal senso di vergogna e dalla sofferenza – non avesse avuto il coraggio di confidarsi con una delle sue insegnanti.

WhatsApp e pedofilia: non è solo colpa del social

Alcuni mesi fa, vi abbiamo riportato i risultati di un’indagine che avrebbe portato alla luce una vera a propria rete di gruppi WhatsApp popolati da pedofili pronti a scambiare materiale pedopornografico. Community di sconosciuti, che riescono ad aggregarsi facilmente tramite il passaparola oppure sfruttando alcune applicazioni (rimosse dagli store principali di app per smartphone) che raccolgono e categorizzano tutti i gruppi di WhatsApp destinati ad ampio pubblico, offrendo la possibilità d’iscriversi semplicemente cliccando sul link d’invito.

Nonostante i sistemi di sicurezza e i team di controllo dedicati esclusivamente alla piattaforma di messaggistica istantanea, sembra che questo genere di realtà riesca a proliferare comunque. Ad ogni modo, per quanto pericolosi siano, in questi gruppi non si adescano in genere potenziali vittime, ma si scambia del materiale: in linea di massima, non rappresentano un rischio diretto per un bambino che utilizza WhatsApp.

Il pericolo che ci si possa imbattere in malintenzionati è molto più vicino di così, ma questo vale per qualsiasi social network: chiunque può fingersi chi desidera sul Web e cercare di adescare vittime. Si tratta del risvolto negativo di un’invenzione geniale come i le piattaforme social, che vi ricordiamo però essere solo un potenziale mezzo per compiere reati di questo genere, non le dirette responsabili.

Non si può puntare unicamente il dito su Instagram, Facebook, WhatsApp – e qualsiasi altro social – se nascono situazioni terribili come quella appena raccontata. Soprattutto in caso di minori, la supervisione è fondamentale quando vengono utilizzati determinati strumenti: l’esperienza di un adulto può aiutare a scoprire immediatamente quello che sta accadendo, bloccando qualsiasi tentativo di adescamento sul nascere.  Ci rendiamo perfettamente conto che è molto semplice vietare i social a un bambino di 7/10 anni mentre lo è molto meno controllare quelli di un adolescente, ma è fondamentale che questo avvenga, giungendo magari a dei compromessi con i propri cari.

Come i social network, qualsiasi altro meandro del Web può essere pericoloso, specialmente per più piccoli: a tal proposito, vi ricordiamo che esistono diversi sistemi gratuiti di parental control (come YouTube Kids, Google Family Link oppure il Parental Control di Apple) che consentono di decidere cosa può fare o vedere il proprio figlio (o nipote o chiunque si abbia sotto tutela) con il proprio dispositivo.

 

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