Ogni singolo mese WhatsApp sbatte fuori dalla porta 2 milioni di account. I dati sono stati forniti a VentureBeat da responsabili del gruppo radunatisi a Nuova Dehli per un incontro, occasione buona per raccontare quanto e come il team si stia adoperando per rendere più salubre l’ambiente sull’app di messaggistica più diffuso al mondo.
Il luogo non è casuale. Proprio in India, infatti, WhatsApp ha dovuto intraprendere le prime azioni di controllo della community per evitare di diventare veicolo di disinformazione che nel Paese hanno portato anche a disordini di massa con numerose vittime. In quella occasione WhatsApp introdusse i nuovi limiti di inoltro che hanno rallentato la propagazione di notizie tramite l’app (misura in seguito estesa a tutto il mondo), ma ora emerge come il lavoro di monitoraggio sia ancor più profondo.
WhatsApp è in grado oggi di bloccare il 20% degli account fasulli fin dall’atto dell’iscrizione, con performance in miglioramento grazie agli algoritmi di machine learning che, sulla base dei dati raccolti durante l’attività degli utenti, sono in grado di capire quali “hub” stiano diffondendo informazioni fasulle, siano parte di meccanismi truffaldini o stiano tenendo comportamenti non in linea con le regole della community.
Vari i fattori tenuti in considerazione: si parte dall’indirizzo IP dell’utente, passando per il numero di telefono, lo Stato di appartenenza, l’età dell’account e le attività dello stesso. Ogni anomalia è un indizio che può dire molto sulle intenzioni con cui l’account è stato aperto e tali rilevazioni possono portare quindi tanto alla rimozione automatica dell’account (75% dei casi) quanto alla creazione di un contesto che facilita la scelta degli addetti (25% dei casi).
Che sia uno schema di phishing, un canale di spam o uno strumento di disinformazione, poco cambia: ogni atteggiamento contrario alla bontà dell’esperienza degli utenti viene etichettato, scandagliato e potenzialmente eradicato. Solo così, del resto, WhatsApp può garantirsi la possibilità di mantenere alti i livelli di diffusione del proprio servizio tra gli utenti.