Un articolo pubblicato in queste ore sul Wall Street Journal può essere un’utile fonte di riflessione su quel che la tecnologia possa fare per la salute, sia del singolo quanto di una comunità. L’articolo altro non fa che elencare (meritevolmente) una serie di strumenti in grado di monitorare il corpo umano, restituendo indizi che, attraverso una elaborazione automatica, possono stilare ipotetiche diagnosi e precauzionali allarmi. Come a dire: il dispositivo ti monitora, ti segnala possibili alterazioni pericolose e ti consente di prendere la strada del medico per i necessari approfondimenti.
Dati, salute, device
Tutto ciò non solo è possibile, ma è anche auspicabile. Al tempo stesso non è qualcosa che possa essere preso alla leggera, ma in questo si ravvisa tutta la differenza tra l’approccio USA al tema e quello europeo: gli USA scommettono molto sulla capacità di monitorare una situazione, mentre l’Europa scommette molto sulla capacità di controllare i dati affinché non sfuggano dal controllo e il monitoraggio della salute possa diventare un panopticon che forza la serratura dei dati personali. In questo l’UE si è distinta più volte in passato, fino a segnare una effettiva distanza rispetto agli USA in termini di tutela della privacy.
Il WSJ mette nel mirino il Covid e fa notare come smartphone, smartwatch, rilevatori smart di temperatura o anelli intelligenti già oggi possano mettere assieme dati quali il battito cardiaco, la temperatura corporea e le sue fluttuazioni, la saturazione del sangue, la tosse, i movimenti e molto altro ancora. Basta un Garmin al polso, un Fitbit durante la giornata, un Apple Watch come compagno, e automaticamente si ha a disposizione un monitoraggio continuo (pur se con qualche limite in termini di affidabilità) a cui rivolgersi. Non si tratta soltanto di dati slegati, ma di informazioni con una comprovata efficacia: gli studi sulla malattia possono ormai indicare con buona approssimazione quale tipo di alterazioni emergano anche su soggetti asintomatici, potendo così far emergere situazioni di rischio anche laddove non sarebbe immediatamente percettibile. Prima ancora del contact tracing o di una Immuni qualsiasi, insomma, si potrebbe tentare di creare un sistema di monitoraggio personale con finalità di prevenzione.
In futuro si può immaginare un sistema simile, utile ad accendere campanelli d’allarme per notificare al diretto interessato la possibilità di rivolgersi ad un medico? Per il mondo della tecnologia sarebbe un grosso passo avanti, ma se non si sarà in grado di dominare la gestione dei dati personali allora tutto ciò sarà una grave sconfitta mascherata di gloria. Per ora l’articolo del WSJ deve rimanere pertanto una sorta di chimera futuribile, un obiettivo a cui non rinunciare, ma bisogna altresì immaginare un sistema di controllo in grado di blindare il controllo e la gestione di dati che sul mercato avrebbero inestimabile valore.