Il mondo della politica, si sa, è fatto anche da dichiarazioni che vengono rilasciate per essere poi smentite da dichiarazioni successive. A smascherare questo giochetto su Twitter ci ha pensato per un certo periodo Open State Foundation (OSF), associazione no-profit olandese che ha sviluppato delle applicazioni nate per registare le dichiarazioni degli account legati ad esponenti politici o diplomatici nordamericani ed europei e metterle "in salvo" prima dell’eventuale "ripensamento".
In sostanza, gli screenshot dell'uscita su Twitter del politico di turno, grazie a queste applicazioni, venivano preservati a futura memoria, prima che la mannaia dell'autocensura li eliminasse dal social network.
Anche i politici italiani erano seguiti da OSF
Twitter però non ci sta più e ha revocato l'accesso alle API del suo network negli Stati Uniti e in altri 30 paesi, alle ultime versioni di due account creati da OSF, Politwoops e Diplotwoops, giustificando questa decisione attraverso la seguente dichiarazione: «Immaginate quanto possa essere snervante – oltre che terrificante – se twittare fosse immutabile e irrevocabile? Nessun utente merita di avere questa possibilità più di un altro: anche l'eliminazione di un tweet è espressione della voce dell'utente».
La decisione di Twitter ci sembra un po' naif: le dichiarazioni di funzionari pubblici fanno parte della storia parlamentare anche se cancellati, e dovrebbero essere di dominio pubblico.
Il direttore di Open State Foundation, Arjan El Fassed, ha dichiarato: «Quello che dicono i politici in pubblico dovrebbe essere disponibile a chiunque; non si tratta di rilevare gli errori di battitura, ma di comprendere come le intenzioni dei politici eletti possano cambiare senza preavviso».
La domanda che noi ci poniamo è: i politici sono "normali" utenti o personaggi pubblici? Le loro dichiarazioni afferiscono alla sfera "pubblica" o "privata"?
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