Si torna a discutere della possibilità di innalzamento dell’età minima per l’accesso ai social network. Oggi fissata in 13 anni da tutte le piattaforme più frequentate, potrebbe essere portata a 16 anni. È quanto proposto nella bozza di un disegno di legge presentato da Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia in Senato e da Marianna Madia del Partito Democratico alla Camera, dal titolo “Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale”.
Niente social network prima dei 16 anni
La redazione di Adnkronos ha avuto la possibilità di consultare in anteprima i sei articoli che la compongono, dai quali emergono dettagli che vale la pena riportare. Uno su tutti, è quello relativo all’attribuzione della responsabilità dei controlli ai gestori dei servizi, vale a dire a Meta per Instagram, Facebook e Threads così come a ByteDance nel caso di TikTok.
… i contratti con i fornitori di servizi della società dell’informazione conclusi da minori di anni 16 sono nulli e non possono peraltro rappresentare idonea base giuridica per il trattamento dei dati personali.
Il testo fa inoltre riferimento a un’eccezione, nel caso in cui ci sia il consenso esplicito fornito da un genitore o dal tutore.
Baby influencer e genitori che monetizzano
Tra gli obiettivi del disegno di legge ci sarebbe anche quello che mira a regolamentare il fenomeno dei baby influencer. Più nello specifico, la volontà è intervenire sulla pratica ormai diffusa inerente alla condivisione di contenuti che vedono protagonisti ragazzi molto giovani o addirittura bambini, talvolta in età prescolare, in alcuni casi finalizzata alla sponsorizzazione di prodotti o servizi e dunque con scopo di guadagno (diretto o indiretto).
Un passaggio del testo prevede che gli eventuali introiti, se superiori alla soglia annuale di 12.000 euro, siano versati su un conto corrente intestato al minore, senza possibilità di spesa per il genitore o per il tutore, se non in casi di emergenza e solo nell’interesse del ragazzo.
Molti punti della bozza sono ancora da definire, prima di dare il via a un eventuale percorso legislativo. Tra le ipotesi che non si escludono c’è anche quella che stabilirebbe l’età minima necessaria per l’iscrizione a 15 anni (e non 16).
Un finale già scritto?
A chi segue l’ambito online da tempo, la proposta non sembrerà certo qualcosa di nuovo. Se ne è discusso più volte in passato, spesso giungendo a conclusioni o soluzioni poco efficaci.
In Italia, è stato ipotizzato l’utilizzo di SPID e Carta d’Identità Elettronica per la verifica dell’età al momento dell’iscrizione, ma l’idea è rimasta ferma ai box. E le iniziative messe in campo a livello globale per l’implementazione dei cosiddetti age gate hanno quasi sempre fallito. Vale per i social, così come per qualsiasi altra tipologia di contenuto che richiede l’imposizione di controlli per vietare l’accesso a un’utenza non adatta, a partire da quelli pornografici.
Porre dei paletti è di certo cosa giusta, ma farlo con regole troppo stringenti per illudersi di aver affrontato il problema, ignorando poi come le limitazioni siano facilmente aggirabili, è controproducente per tutti. Forse, puntare su una maggiore formazione e responsabilizzazione dei diretti interessati (i genitori in primis, i ragazzi poi), insegnando il corretto utilizzo degli strumenti e a riconoscerne i rischi associati, sarebbe una strada più facilmente percorribile e lungimirante.