I problemi dei giovani d’oggi? Sono gli smartphone, i social media e pure i videogame. Su questa correlazione non ci piove, in apparenza: lo dicono i giornali, lo dicono le televisioni, lo dicono gli esperti invitati in trasmissione in seconda serata. Lo dicono tutti, insomma, tranne che i dati: le ricerche accademiche sul problema non trovano infatti prova di correlazione tra i due fenomeni, i quali sono parimenti acclarati, ma la pressione subita dalle nuove generazioni sembra avere cause differenti e non certamente legate ai nuovi media.
La sperimentazione scientifica prevede l’erogazione casuale della possibile causa per misurare sui diversi campioni le differenti conseguenze appurate. L’ultima non-evidenza è quella riportata dal New York Times, a firma del professore della University of California, Candice L. Odgers:
Non sembra esserci alcuna evidenza che possa motivare il livello attuale di panico e costernazione nei confronti di questi problemi
Le risultanze della ricerca sembrano essere molto importanti poiché gettano una luce differente sui nuovi media. Anzitutto, non è vero che gli smartphone o i social media sono correlati a possibili problemi di salute, fisica o mentale. Semmai, bisogna guardare al fenomeno sotto altra luce. Ad esempio un maggior numero di ore allo smartphone implica un minor numero di ore di attività fisica. Oppure: un maggior numero di ore sui social media implica un minor numero di ore in attività di gruppo.
Tuttavia nulla evidenzia il fatto che tali problemi non sarebbero comunque emersi in assenza di strumenti digitali a disposizione, anzi: smartphone e social media, semmai, vanno interpretati come un rifugio, uno specchio in grado di riflettere problematiche più profonde quali ad esempio un senso di solitudine. Togliere ai bambini questi placebo non risolverà il problema, poiché il problema è altrove.
Maggiore è il tempo in cui la società si interroga sui problemi psicologici a cui possono portare smartphone e social media, maggiore è il tempo che passa prima che tali problemi possano essere risolti. Si continua infatti ad identificare il colpevole senza aver alcuna prova, alcuna dimostrazione, alcuna evidenza specifica. “Colpa dei telefonini”, certo, come no: lo dicono i giornali e lo dicono in tv, del resto. Ma intanto c’è una generazione che sta crescendo senza le giuste attenzioni della generazione precedente, troppo impegnata su smartphone e social media, forse, per poter dedicare il tempo necessario alla fragilità dei figli.