Con i saturimetri che vanno a ruba e le riserve di magazzino ormai troppo scarse per un reperimento immediato, in molti hanno virato le proprie aspettative sulle app che, attraverso sensori inclusi in smartphone, smartwatch e smartband, promettono di misurare il livello di ossigenazione nel sangue. La comunità scientifica, però, mette le mani avanti: meglio non fidarsi.
No alle app, si ai saturimetri
Trattasi di funzioni pressoché ignorate fino a pochi mesi fa, ma che ora sono improvvisamente divenute importanti in virtù dell’emergenza sanitaria in atto: misurare il grado di saturazione dell’ossigeno (ossia la quantità di ossigeno presente nel sangue) è un indicatore molto utile per monitorare il proprio stato di salute, l’eventuale presenza di Covid e, nel caso, l’evoluzione della malattia. In assenza di un vero saturimetro (dispositivo che si può trovare ad un prezzo di circa ), tuttavia, diventa una operazione complessa per la quale occorre affidarsi al monitoraggio sporadico delle autorità sanitarie.
In alternativa sono disponibili specifiche app, molto scaricate quando non già presenti nativamente sui migliori smartphone in distribuzione, che offrono servizio similare: è sufficiente mettere uno smartwatch al polso o posare il polpastrello sul sensore della fotocamera ed in pochi secondi si avrà una valutazione indicativa della saturazione. Può un pulsossimetro di questo tipo sostituire il lavoro di un saturimetro da pochi euro? Secondo i professori Lionel Tarassenko e Trisha Greenhalgh del Centre for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford, assolutamente no:
Non ci sono prove che qualsivoglia smartphone possa essere preciso nella misurazione della saturazione dell’ossigeno. Le basi scientifiche di queste tecnologie sono opinabili. Il livello di saturazione dell’ossigeno ottenuto con queste tecnologie non può essere considerato affidabile.
Una sentenza netta e senza fronzoli, insomma, al termine di studi che hanno verificato come il valore restituito non sia in alcun modo affidabile e non possa pertanto essere tenuto in considerazione in un momento tanto grave come questo.
Due i riferimenti respinti in modo netto:
- l’app digiDoc relativa al pulsossimetro disponibile nel mondo iOS, molto scaricata negli ultimi mesi, che porterebbe avanti promesse del tutto inaffidabili e al di fuori di ogni scientificità;
- l’app Samsung Health, che all’interno della misurazione dello stress offre anche una misurazione della saturazione (la ricerca boccia tanto la prima emanazione come funzione standalone, sia l’attuale declinazione come indicatore di stress).
La ricerca è chiara a tal proposito: la tecnologia utilizzata dagli sviluppatori di smartphone con la propria luce posteriore legata alla fotocamera non è scientificamente adatta ad una misurazione accurata della saturazione dell’ossigeno nel sangue e per questo motivo nessuna app potrà mai restituire risultati apprezzabili. Stando queste le conclusioni, occorre far chiarezza in questo momento particolarmente delicato: chiunque voglia in casa uno strumento per la misurazione di tale valore dovrà provvedere alla ricerca di un saturimetro vero e proprio, evitando soluzioni “smart” prive di qualsivoglia affidabilità.