Succede in Australia, dove Samsung dovrà delle spiegazioni. Il colosso sud coreano è stato portato in tribunale dall’ACCC (commissione australiana per la concorrenza e il consumo) con l’accusa di aver fatto propaganda ingannevole delle presunte doti d’impermeabilità dei suoi smartphone.
Samsung a processo in Australia
Molti degli smartphone del colosso sud coreano, ormai da diverse generazioni, sono dotati di certificazione IP68 che – stando a quanto dichiarato dalla stessa Samsung – accerterebbe la possibilità d’immergerli fino a 1,5 metri di profondità per un massimo di 30 minuti consecutivi. Questa è la teoria: la pratica è sempre quella che sarebbe meglio tenere questa feature per le emergenze, cioè per quando il device si bagna accidentalmente.
Samsung però la pensa in modo evidentemente differente e non ha mai perso occasione per sottolineare la presenza di certificazione IP68 a bordo dei suoi smartphone. In particolare, lo ha fatto con diversi annunci pubblicitari, online e offline, che mostravano il device immerso in mare, in piscina e in altre situazioni simili.
Per questo motivo, tacciando il colosso sud coreano di pubblicità ingannevole, l’ACCC ha deciso di denunciare l’azienda rea – secondo l’associazione – di aver dichiarato il falso. Effettivamente, se alcune delle immagini mostrate dall’ACCC possono essere “tollerabili” perché mostrano un certo grado di resistenza dei device agli schizzi d’acqua, altre sono fuorvianti: evidenziano la possibilità d’immergere – continuare a usare – il device in acqua salata oppure clorata, senza che questo sia esposto al minimo rischio.
La denuncia si riferisce agli smartphone prodotti dal 2016 al 2019, con particolare riferimento a questi Galaxy: S10e, S10, S10 Plus, S9, S9 Plus, S8, S8 Plus, S7, S7 Edge, Note 9, Note 8, Note 7, A8, A7, ed A5.
In teoria, basterebbe un po’ di buon senso per riuscire a non farsi confondere da questo genere di annunci pubblicitari, tenendo bene a mente la differenza fra impermeabile e subacqueo, oltre a ricordare che l’acqua dolce è ben diversa da quella salata del mare o clorata della piscina. Tuttavia, la commissione australiana per la concorrenza e il consumo ha ritenuto opportuno procedere per fermare quella sembra essere un’attività abituale di Samsung, per molti dei suoi smartphone, almeno dal 2016.