Reset. Stop, cancella, riavvia. Nella vita quante volte avremmo voluto cliccare questo pulsante, magari dopo una delusione amorosa, una lite in famiglia, una rottura con gli amici o un insuccesso professionale? Reset, stop, ricomincia da capo, riparti da zero. Eppure non si può. Ecco perché il pulsante “reset" è così prezioso nel mondo della tecnologia: perché è possibile, perché offre un’illusione che altrove non è accessibile.
Reset, una filosofia di vita
The Verge ha fatto notare questo particolare sul nuovo dongle di Google, quel Chromecast da 35 euro tanto semplice da usare che sicuramente non avrebbe bisogno di nulla visto che per avviarlo basta inserirlo. Eppure il pulsante reset c’è. Perché mettere un pulsante simile su un dispositivo tanto semplice, che di problemi con ogni probabilità non ne darà mai? Perché si, perché l’alternativa sarebbe quella che abbiamo altrimenti nella vita di tutti i giorni: accettare una sconfitta e passare alla prossima sfida.
Si narra che Steve Jobs, durante i processi di progettazione del primo iPad, avesse chiesto ai suoi tecnici un tablet avente soltanto il display, nessun pulsante né tantomeno il pulsante di accensione/spegnimento. Esatto: Jobs sperava di poter avere il dispositivo perfetto, senza cornici e senza jack, senza pulsanti e senza neppure la possibilità di spegnersi. Finché la batteria fosse durata, l’iPad avrebbe dovuto restare acceso. La sua era una chimera, ma con basi fondate: un dispositivo senza pulsanti è (dovrebbe essere) un dispositivo affidabile al 100%, nel quale il software abbraccia con piene facoltà l’utente e lo protegge da qualsiasi pericolo.
Purtroppo la vita non è però sempre così lineare come la si vorrebbe e neppure il software lo è. Jobs lo dovette pagare a caro prezzo in vita, ma la sua utopia ha lasciato un segno: nel momento della creazione l’uomo, il designer, lo sviluppatore e l’azienda non possono porsi limiti. Questa è la Creazione, un’ambizione all’Assoluto che dovrebbe portare ad immaginare dispositivi perfetti senza mettere in conto fin dal principio la necessità di scendere a compromessi. Questi ultimi arrivano cammin facendo, per aggirare gli ostacoli più insormontabili, ma non possono essere parte di un progetto iniziale: quella non è scelta, ma è Peccato Originale. Roba che l’azienda con la mela come simbolo sa benissimo cosa possa significare.
Ecco perché il pulsante di reset su un dispositivo semplice come il Chromecast, nonché il “factory reset" disponibile su qualsiasi smartphone, va oggi guardato in quest’ottica: è l’emblema della fallacia umana, è la concretizzazione della mortalità, è il limite ultimo oltre il quale non possiamo ambire ad andare senza far danno. Immaginate il vostro smartphone senza la possibilità di un “hard reset". Immaginatelo senza pulsanti che consentano di entrare fisicamente nel device per forzare procedure che il software si rifiuta di portare avanti. Immaginate cosa significherebbe.
La vita non offre quasi mai la possibilità di ripartire da capo come nulla fosse accaduto. La realtà non prevede questo loop. Il software sì, purché ci sia un pulsante di reset che possa attivare questa procedura. Ecco perché quel pulsante è una filosofia di vita, un’ancora di salvataggio a cui difficilmente potremo mai rinunciare. Benché sia quello l’obiettivo a cui, in vita come in una qualsiasi progettazione, occorre ambire.