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OpenAI ha presentato una proposta all’amministrazione Trump chiedendo una partnership federale che consentirebbe alle aziende di intelligenza artificiale di aggirare le restrizioni sul copyright e le normative statali. La ratio della proposta è chiara: dare ad OpenAI tutti gli strumenti necessari per vincere la corsa alle AI di prossima generazione, ostacolando parallelamente l’avanzata di concorrenti cinesi come DeepSeek. Inutile dire che l’iniziativa ha già attirato critiche estremamente dure.
La proposta, presentata all’Ufficio per la Scienza e la Tecnologia, si configura come un manifesto programmatico per quella che l’azienda definisce con tono quasi profetico “l’Era dell’Intelligenza” – un orizzonte temporale dove il vero capitale diventerà la “libertà di intelligenza”, intesa come diritto fondamentale di accedere ai benefici dell’AI in evoluzione.
AI con licenza di violare il copyright
La proposta – che potete leggere nella sua versione integrale a questo link – si dirama in cinque punti principali:
- Normativa per l’innovazione: partnership volontaria tra governo federale e settore privato per neutralizzare l’effetto potenzialmente soffocante delle legislazioni statali sull’AI.
- Controllo delle esportazioni: promozione globale dei sistemi AI americani applicando una lente commerciale ai mercati accessibili, mentre si proteggono le tecnologie strategiche con aggiornamenti ai regolamenti esistenti.
- Strategia sul copyright: salvaguardia dei diritti dei creatori di contenuti preservando contemporaneamente la capacità dei modelli AI americani di apprendere da materiale protetto dal diritto d’autore.
- Opportunità infrastrutturale: investimenti massicci per competere con la Cina, reindustrializzazione del Paese e creazione di posti di lavoro qualificati.
- Adozione governativa: implementazione di strumenti AI avanzati nell’amministrazione pubblica americana, stabilendo uno standard per i governi democratici.
Ovviamente il punto più commentato – anche se non è l’unico ad essere controverso – è proprio quello sul diritto d’autore. Di fatto, OpenAI otterrebbe la licenza di addestrare i suoi avanzati modelli sfruttando qualsiasi opera, senza che i legittimi proprietari possano opporsi. OpenAI giustifica queste richieste sostenendo che i concorrenti cinesi operino senza i vincoli legali imposti alle aziende americane, creando uno “svantaggio comparativo” che metterebbe a rischio la leadership tecnologica statunitense.
Pioggia di critiche
La proposta ha già attirato forti critiche. Ad esempio, il popolare sito Apple Insider è sul piede di guerra e in un lungo articolo dipinge la visione di OpenAI come un labirinto di contraddizioni, dove l’ombra cinese viene evocata non tanto come minaccia reale quanto come spettro utile a giustificare l’erosione dei confini etici e legali.
Nell’analisi della testata, la richiesta di aggirare le protezioni sul copyright si traduce in una paradossale invocazione: emulare le pratiche dei regimi autoritari per difendersi da essi, in un gioco di specchi dove l’avversario diventa, involontariamente, il modello.
Curiosamente, il sito pone proprio Apple come esempio di un modello alternativo e sostenibile. L’azienda, scrive Apple Insider, ha cercato di sviluppare le sue tecnologie avviando fin da subito un dialogo con i detentori dei diritti d’autore. Impossibile non notare, tuttavia, come sia proprio Apple una delle aziende più in ritardo nello sviluppo della sua AI.