Quando ho avuto l’opportunità di provare Huawei Mate 30 Pro ero molto eccitata, ma devo essere onesta: la mia curiosità non era dettata tanto dal poter testare un “Mate 30 Pro” in quanto tale, volevo toccare con mano – dopo anni che non lo facevo – com’è la vita senza Google Mobile Services. Era dai tempi degli smartphone importati direttamente dalla Cina (senza ottimizzazione per il mercato internazionale) che non mi capitava di fronteggiarmi con una situazione del genere. In pochi anni le cose sono cambiate radicalmente.
Non ho voluto ricorrere a guide e tutorial vari per installare in modo non ufficiale i GMS (Google Mobile Services), Huawei sta investendo tanto nello sviluppo dei suoi HMS (Huawei Mobile Services) e meritavano di essere testati a fondo: sono sopravvissuta e ho maturato alcune consapevolezze che, da “androidiana” convinta mi hanno fatto riflettere parecchio.
Vi anticipo che questa non è la recensione del flagship, quella è disponibile all’interno della scheda tecnica di Huawei Mate 30 Pro, questo è il racconto della mia esperienza d’uso di uno smartphone Android di punta, che però non ha a bordo i Google Mobile Services.
Huawei Mate 30 Pro: com’è il mondo senza GMS
Ho deciso di dividere il mio racconto in tre step chiave, perché voglio permettervi di capire a cosa potreste andare incontro se deciderete di comprare questo smartphone, che sotto il punto di vista tecnico ed estetico è fra i migliori del 2019.
La configurazione iniziale
Il 24 dicembre la giornata l’ho iniziata con un po’ di pigrizia, non dovendo lavorare. Avevo ricevuto il device un paio di giorni prima, ma non avevo avuto il tempo materiale da poter dedicare alla sua configurazione iniziale, invece adesso il momento era perfetto. Tazza di caffè al fianco, occhi che luccicano e via: veloce spacchettamento, SIM a bordo e sono pronta a partire.
Dopo la prima, affrettata considerazione del tipo “bene, senza dovermi loggare con l’indirizzo di Gmail, la configurazione è molto più rapida!”, ho realizzato anche che rischiavo di dover scaricare da zero tutte le applicazioni. Subito dopo lo stesso Mate 30 Pro mi ha ricordato che potevo sfruttare l’applicazione “Phone Clone” per ripristinare sul nuovo smartphone tutte le applicazioni che avevo su quello vecchio. Bene, inizio la procedura, ma avevo bene a mente che diverse applicazioni non le avrei trovate perché le app trasferite sarebbero state solo quelle presenti su Huawei App Gallery. Non solo, con Phone Clone è stato possibile anche spostare le fotografie (potevo evitarlo, ma volevo provare a fondo), i messaggi e il registro chiamate. Ho apprezzato la rapidità con la quale l’operazione è stata eseguita (e vi garantisco che di materiale da trasportare ce n’era parecchio).
Phone Clone copia anche i contatti in rubrica e qui è sorto il primo problema: io i contatti li ho sempre salvati tutti in cloud sul mio account di Google. Poco male, partendo dal vecchio smartphone, faccio una copia degli stessi in formato VCF, me la auto-invio su Mate 30 Pro e recupero l’intera rubrica telefonica. Una manciata di minuti e il problema è stato risolto.
A configurazione finita, è il momento di loggarmi sui vari servizi social e piattaforme di messaggistica istantanea. Da un rapido controllo, realizzo che le app di Facebook, Instagram e WhatsApp non sono state copiate: è ovvio, non sono presenti su Huawei App Gallery. Bene, rapido giretto per reperire gli APK da fonti affidabili, download e installazione delle stesse. Un’altra manciata di minuti e anche questo scoglio è stato superato.
Lascio WhatsApp come ultima piattaforma sulla quale loggarmi, è sempre un po’ più lunga la procedura e – soprattutto c’è il backup da ripristinare. Il backup, si, quel backup che io ormai da anni faccio su Google Drive e, indovinate un po’? Non posso ripristinare. Panico: questa volta non si risolve in pochi minuti, devo trovare una soluzione perché io a quelle conversazioni sono affezionata. Ormai, sono talmente proiettata verso il cloud, che alla possibilità di estrarre fisicamente il backup e ripristinarlo nemmeno ci penso. Mi viene in mente dopo qualche minuto, ma ormai ho deciso che – in fondo – quello a cui sono molto legata sono le conversazioni vecchie di anni: una manciata di giorni di utilizzo di WhatsApp posso farlo finire nell’obliò, vorrà dire che non avrò traccia dei miei auguri di Natale e Capodanno 2020. Pazienza!
Bene, adesso lo smartphone è stato configurato e le maggiori difficoltà incontrate sono state:
- ripristino delle applicazioni;
- importazione dei contatti;
- spostamento dell’account di WhatsApp da un device all’altro.
La mia esperienza d’uso
Avevamo decretato come finita la fase di configurazione iniziale? Eh no! Ne ero sicura perché, ormai, quando configuro uno smartphone tendo a dare per scontato che, immediatamente dopo, potrò controllare le email arrivate sul mio indirizzo Gmail. Nel caso di Mate 30 Pro, fino a quel momento non avevo inserito alcun indirizzo email, quindi non avevo un bel niente da poter controllare. Dovevo trovare un client, alternativo all’applicazione di Gmail, che mi soddisfacesse abbastanza.
Mi ricordo di “Blue Mail”, che in passato non mi ha deluso. Mi ci affido, lo scarico (dal Web) e lo configuro. Dopo aver recuperato tutte le email, ricevo un messaggio di errore dall’app, relativo all’impossibilità di garantire il push della posta in arriva a causa della mancanza dei “Google Play Services”: non potevo che ignorare il messaggio, essendo un problema non risolvibile. Nonostante l’avviso di errore, le email – da quale momento in poi – ho continuato a riceverle senza alcuna difficoltà.
Finalmente, posso dedicarmi all’esplorazione di questo smartphone, che – di base – mi è piaciuto un sacco. Come anticipato, non ho intenzione di recensirlo in questa sede, per cui mi limiterò a evidenziare le difficoltà riscontrate durante l’uso quotidiano.
Nei giorni, ho dovuto trovare un’alternativa valida a Google Maps, ma ho presto fatto: Waze mi è corso in aiuto, ma lasciate che Big G finga di non sapere. Utilizzo spesso Google Drive, soprattutto per condividere documenti di dimensioni importanti: trovandolo fra i suggerimenti di upload rapidi, si fa presto a ottenere un link condivisibile. Anche in questo caso, ho dovuto trovare soluzioni alternative: non è complicato riuscirci, ma le abitudini sono dure da modificare.
Per il resto, non ho trovato altre grandi difficoltà, tranne al momento di cambiare nuovamente lo smartphone. Huawei Mate 30 Pro è un ottimo camera phone e di fotografie ne ho scattate tante: anche il punta e scatta più veloce può dare grandi soddisfazioni. Cambiando una grande quantità di smartphone, se non avessi Google Foto con backup sempre attivo, sarebbe un bel problema, ma qui non c’è. Pazienza, il modo più veloce è solo uno: cavetto USB C, un PC (oppure una memoria esterna, ma è un pochino più macchinoso) e scaricare in locale le immagini realizzate.
Bene, le principali difficoltà d’uso sono – riassumendo – sono state:
- trovare un’alternativa a Google Maps e l’app Gmail;
- dover realizzare che il modo più veloce di salvare le foto, almeno per ora, è ricorrere al backup in locale delle stesse;
- piccole noie ogni volta che avevo necessità di scaricare una nuova applicazione non disponibile su App Gallery o Amazon App Store (che rimane comunque un’ottima fonte).
In conclusione: devo delle scuse agli utenti Apple
Avete letto bene. Devo proprio scusarmi con gli utenti Apple, che quotidianamente vivono in quella che io definisco una “gabbia dorata“, costituita dall’ecosistema di servizi Apple, che ruotano intorno ad iPhone.
Ero convinta, stra convinta, di sfruttare i servizi Google, ma non esserne dipendente: smetto quando voglio. L’esperienza d’uso di Huawei Mate 30 Pro mi ha insegnato invece che ormai il mio utilizzo degli smartphone Android è altamente contaminato dai GMS: non me ne accorgo solo perché i modelli di smartphone Android fra cui scegliere sono molti di più dei “pochi” modelli di iPhone. Una gabbia dorata più larga, ma pur sempre un gabbia.
Pertanto, ne dipendo tanto quanto un utente iOS dipende dai servizi cloud di Apple. Posso farne a meno solo arrancando, cercando soluzioni alternative e, siate onesti: tutti voi, utilizzatori di Android, e sostenitori del sistema operativo libero, siete nella mia stessa posizione.
Presa di coscienza (abbastanza scontata, in fin dei conti) a parte, passiamo all’analisi del caso specifico dei Huawei Mobile Services: il potenziale c’è, ma la strada è ancora parecchio lunga. Del resto, la parziale impreparazione di Huawei sotto questo punto di vista è comprensibile: fino a pochi mesi fa, non era strettamente necessario che i HMS potessero soddisfare le esigenze dell’utenza europea, portandola a non sentire la mancanza dei GMS. Le applicazioni disponibili su App Gallery sono ancora poche, sebbene la situazione sia destinata a migliorare, e il sistema di backup offerto non è attualmente da prendere in considerazione perché limitato ai soli dispositivi del colosso cinese (e lo sarà sempre).
Ad ogni modo, con un po’ di organizzazione, non ho sentito quotidianamente la mancanza dei GMS, complice probabilmente la mia voglia di mettermi in gioco e capire fino a che punto avrei retto senza il supporto invisibile dei servizi di Big G. Insomma, senza i GMS si può sopravvivere utilizzando il proprio smartphone Android, ma se ci sono è bordo è decisamente meglio.