L’Antitrust ha aperto due istruttorie su Tim e Vodafone, su un annoso tema, che ora presenta anche un risvolto potenzialmente dannoso per l’utente finale: le controversie del cambio operatore di cellulare.
È successo che alcuni consumatori, Poste Mobile e Coop hanno segnalato comportamenti anomali, di Tim e Vodafone, all’Antitrust. Riguardano le ormai note offerte di “retention”. Quelle che gli operatori presentano “sotto banco”, cioè in via eccezionale e ad personam, agli utenti che hanno espresso la volontà di abbandonarli (per passare alla concorrenza). Su queste offerte c’è una ricca mitologia sui forum del web, persino guide per ottenere dal proprio operatore un’offerta migliore, fingendo di volerlo abbandonare. Pratiche che, secondo Vodafone, dimostrano che le telefonate di retention sono gradite e utili ai consumatori e sbaglia quindi Agcom a volerle reprimere.
Ebbene, adesso si scopre l’altro volto della medaglia. Queste offerte potrebbero danneggiare non solo gli operatori minori (che subiscono la tattica difensiva di quelli maggiori, dotati di un più grande parco clienti da trattenere e di maggiore forza commerciale per fare promozioni di retention); ma anche, almeno in certi casi, gli stessi utenti. Perché le offerte ottenute in questo modo possono essere ingannevoli, poco trasparenti e rivelarsi promesse non mantenute, come è capitato ad alcuni utenti in storie riportate dall’Antitrust. Che scrive “dagli elementi in atti risulta che in un numero significativo di casi questi ultimi (Tim e Vodafone) hanno presentato le proprie proposte in maniera ingannevole, fornendo informazioni inesatte, incomplete e/o fuorvianti ovvero omettendo informazioni rilevanti ai fini della relativa valutazione consapevole”. Il problema è che “in sede di retention, i suddetti telesellers non procedono ad una formulazione delle proprie proposte con modalità trasparenti ed idonee a consentirne la valutazione ponderata e consapevole, limitandosi ad una mera comunicazione delle stesse in forma orale”. L’utente così non ha gli strumenti per farsi un’idea chiara e completa della “straordinaria offerta speciale” che lo dovrebbe convincere a restare con il suo operatore.
Tanto più che a volte il teleseller omette particolari importanti che renderebbero meno interessante l’offerta. Esempi, riportati dall’Antitrust: l’offerta speciale in realtà dura solo pochi mesi (e poi si torna alla vecchia tariffa); c’è anche uno scatto alla risposta; bisogna fare una spesa minima mensile per avvalersi dell’offerta.
In più, non c’è modo di sapere o di provare che abbiamo ottenuto un piano migliore. “In assenza di una formalizzazione per iscritto e di un’accettazione formale delle proposte formulate in sede di retention – il consumatore rimane ufficialmente legato al piano tariffario originariamente sottoscritto con il proprio operatore, senza poter vantare un titolo formale idoneo a sostanziarne le pretese in caso di inadempimento di quest’ultimo alle proposte effettuate”, scrive l’Antitrust. Ci sono casi infatti in cui l’utente poi non ha ottenuto affatto l’offerta promessa.
Questo è quanto risulta agli atti; adesso Antitrust indagherà per vedere se le dichiarazioni degli utenti corrispondono al vero. Nell’attesa, però, ha già preso una prima posizione: ha vietato, in via cautelare, agli operatori di continuare con queste pratiche. È un altro fascicolo aperto della questione cambio operatore mobile, rivelando aspetti inediti. Altri verranno a galla a fine maggio e altri ancora a giugno, rispettivamente la decisione del Tar sulla portabilità veloce e la possibilità di portare il credito residuo da un operatore all’altro.