Clamorosa svolta nell’altra tormentata
vicenda del panorama delle telecomunicazioni italiano, che già vede Blu in pessime
acque, ovvero quella di Ipse 2000. L’associazione che riunisce i dipendenti
del gestore vincitore di una licenza 3G, ha dichiarato che Ipse 2000 sarebbe
sul punto di chiudere definitivamente i battenti.
I dipendenti della filiale milanese
dell’azienda sono stati, infatti, convocati nei giorni scorsi per scegliere
se trasferirsi nella sede centrale di Roma oppure se acquisire 15 mensilità
e concludere gli impegni di lavoro. Secondo i dipendenti, poi, nel corso degli
stessi incontri si sarebbe affermato che, in ogni caso, la sede romana verrà
chiusa definitivamente a dicembre 2002, data nella quale Ipse 2000 finirà la
sua breve storia italiana.
I vertici dell’azienda, che da
poco hanno nominato Vittorio Ripa di Meana come nuovo presidente della società
al posto di Pierluigi Celli, hanno prontamente smentito tale possibilità, affermando
che si tratta solo di un trasferimento operativo da Milano a Roma, per diminuire
le spese. Restano, comunque, grossi dubbi sull’effettiva possibilità che Ipse
2000 arrivi effettivamente sul mercato. Niente è stato fatto per la futura rete
UMTS, nè vi sono in progetto investimenti in tal senso.
La decisione sarebbe di Telefonica,
che preferirebbe bruciare gli svariati milioni di Euro fin qui investiti piuttosto
che gettarsi in un nuovo mercato, visto da molti analisti come senza molte possibilità
di guadagno, anche nel lungo termine. L’azienda spagnola sarebbe, quindi, sempre
più intenzionata ad uscire dal mercato italiano, nonostante le pressioni da
parte di molti piccoli azionisti del gruppo di Ipse 2000.
La stessa Sonera, gestore finlandese
che controlla un cospicuo pacchetto di azioni di Ipse 2000, preferirebbe concentrarsi
sul mercato scandinavo, con l’imminente lancio dei servizi UMTS in Finlandia
e la progettata fusione con l’altro gestore nordico Telia. Insomma il futuro
di Ipse 2000 sembra legato veramente ad un filo. Come al solito ad andarci sotto
saranno per primi i dipendenti, ancora oltre 400, destinati al licenziamento
di massa.