Dal 2007 si comincia a fare sul serio, l’ha promesso su vari fronti il Governo: il toro del digital divide sarà preso per le corna e si andrà avanti con la copertura banda larga in modo sistematico.
Lo dicono alcune notizie di fine anno, quasi un regalo di Natale: da una parte, l’avvio delle trattative strette sul WiMax.
Dall’altra, la nascita di una cabina di regia interministeriale contro il digital divide.
Beninteso, negli anni scorsi sono state fatte comunque tante cose per colmare i buchi della banda larga, spesso grazie a fondi statali, della comunità europea, di Province e Regioni.
Finora però sono mancate due cose (che adesso promettono di arrivare). Primo, un piano sistematico che armonizzi e coordini le iniziative, che proceda insomma a chiudere i buchi di copertura uno ad uno con piglio programmatico.
Secondo, è mancato il WiMax (Ieee 802.16d), tecnologia wireless che potrebbe essere l’arma migliore contro il digital divide broadband.
Finora la copertura banda larga, infatti, è stata ampliata a macchie di leopardo, tramite i progetti basati su tecnologie wireless Hiperlan e WiFi.
Gli esempi più significativi di iniziative nate da bandi pubblicati dalle Regioni sono a Brescia (79 comuni), Bergamo (49), in Toscana (una trentina) e in certe zone sono già arrivate le prime offerte.
Numerosi piccoli provider ne hanno pubblicate altre, dopo avere costruito reti provinciali wireless a proprie spese: per esempio Ydea, a Roma, dove numerosi quartieri periferici non possono avere l’Adsl.
Si è mossa anche Infratel-Sviluppo Italia, che con fondi pubblici sta costruendo infrastrutture banda larga in fibra e WiFi al Sud, sulle quali poi gli operatori possono creare offerte al pubblico.
L’obiettivo è coprire 100 comuni con fibra entro giugno 2007 e altri 500 con il WiFi.
Tutto bello, tutto interessante, ma si sentiva il bisogno di una regia che armonizzasse tutte le iniziative e le fondesse con il lavoro di Infratel, in modo da non sprecare risorse nella lotta al digital divide.
Per questo motivo è nato, con decreto del Consiglio dei Ministri, il "Comitato per la diffusione della banda larga sul territorio nazionale", formato dai ministri delle Comunicazioni, degli Affari regionali, delle Riforme e delle Innovazioni nella Pubblica amministrazione.
Le risorse pubbliche disponibili, già stimate, sono pari a 1 miliardo e 100 milioni di euro. Per una volta, l’obiettivo è preciso: coprire il 100 per cento della popolazione con la banda larga entro il 2011.
In teoria non dovrebbe essere difficile: adesso siamo a circa l’87 per cento e la stessa Telecom ha promesso di raggiungere il 98 per cento entro il 2008. In realtà, ogni punto percentuale conquistato dopo il 90 per cento è sudatissimo, perché riguarda parti di rete molto frammentate, che fanno capo a piccoli gruppuscoli di utenti.
Telecom Italia sta andando avanti per conto proprio, risolvendo il problema delle zone periferiche usando Dslam più piccoli, più economici e quindi più congeniali in zone dove si prevede un piccolo numero di clienti.
È così che funziona il cosiddetto progetto Antidigital Divide di Telecom Italia, che già ha coperto 336 centrali in questo modo. Altre 479 si aggiungeranno tra dicembre e gennaio.
Per andare oltre con la copertura, però, è inevitabile che Telecom e gli altri eventuali progetti promossi dal Comitato dovranno usare tecnologie wireless e, in particolare, il WiMax. Meglio di WiFi e Hiperlan, il WiMax può fungere da tecnologia sia di ultimo miglio sia di backhauling: promette una qualità e un’affidabilità maggiori.
Secondo i risultati delle sperimentazioni svoltesi in Italia, permette di trasportare fino a 10 Mbps entro 17-18 metri dall’antenna, in condizione di line of sight (cioè se l’antenna è a vista).
La velocità cala a qualche megabit e la distanza a 1-2 chilometri, se manca la linea di vista. Telecom userebbe il WiMax per collegare al backbone le centrali sprovviste di fibra. Altri operatori lo userebbero anche per l’ultimo miglio. L’idea è che il WiMax per gli operatori è più economico della fibra e dei Dslam Adsl, quando gli utenti sono pochi. Purtroppo l’Italia è il solo Paese europeo dove non ci sia già stata un’asta WiMax (con cui si assegnano le licenze agli operatori).
In Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna già sono arrivate le offerte e si parte da 10 euro al mese per un accesso a 1/1 Mbps, fino a 50-60 euro per un 4/4 Mbps. I prezzi sono destinati a calare presto, comunque, man mano che il WiMax si diffonderà e operatori e costruttori raggiungeranno buone economie di scala. Per l’Italia, perché tutto parta, bisognerà invece aspettare il 2007.
«Intendiamo fare il bando per l’asta entro l’inizio del nuovo anno», ha detto qualche giorno fa Luigi Vimercati, sottosegretario di Stato delle Comunicazioni.
Il problema è noto: le frequenze deputate al WiMax (3,4-3,6 GHz) finora sono restate bloccate nelle mani della Difesa, anche se già dal 1998 l’Europa aveva chiesto all’Italia di liberarle (allora, per fare posto al Wireless local loop).
La Difesa, per cedere le frequenze alle Comunicazioni, ha diritto a un rimborso (perché dovrà spostare o cambiare gli apparati che le utilizzano).
Negli anni passati i due hanno lasciato passare il tempo senza affrontare davvero la questione.
A novembre è arrivata la prima richiesta della Difesa: 450 milioni di euro, molto più alta del valore reale delle frequenze; il Ministro le Comunicazioni ha replicato offrendo un terzo di questa cifra e ora dice di essere vicinissimo al compromesso. Si spera che dopo l’Italia faccia i fretta per recuperare almeno parte del ritardo accumulato con il resto d’Europa.