Come potranno gli operatori mobili e WiMax espandere la propria banda in futuro (visto che tende già a scarseggiare)? La risposta a questa domanda è chiara nei principali Paesi europei. Ma non in Italia. Sono due gli scogli all’orizzonte. E passano entrambi da nuove frequenze che si libereranno. Il primo blocco è sui 2,6 GHz e consentirà il cosiddetto WiFi mobile (ora impedito nella realtà, perché le frequenze utilizzate sono sui 3,6 GHz). In Svezia e in Norvegia sono già state assegnate, nel Regno Unito l’asta, più volte rinviata, dovrebbe esserci in estate (negli Usa sono già nelle mani di Clearwire). È un tema scottante, perché con quelle frequenze il WiMax potrebbe sì essere un concorrente della banda larga degli operatori cellulari.
È ovvio che le aste per le 2,6 seguiranno i principi di neutralità tecnologica, quindi le frequenze potranno essere usate con qualsiasi tecnologia compatibile (WiMax o Hspa/Lte-Long Term Evolution). Gli operatori mobili potrebbero quindi investire per comprare le frequenze e ridurre il rischio della concorrenza del WiMax mobile. È possibile però- ed è auspicato dai provider italiani- che le aste riservino una quota di frequenze ai “nuovi entranti”, per consentire quindi di fare WiMax almeno su una parte del pacchetto disponibile. Un simile criterio è stato seguito per l’asta WiMax a 3,6 GHz.
In Italia c’è un problema in più: da noi il WiMax è partito in ritardo, solo ora stanno arrivando i primi servizi; e l’asta sui 2,6 GHz è prevista tra fine 2009 e inizi 2010 (l’Autorità garante delle comunicazioni ha appena cominciato i lavori a riguardo, con una consultazione pubblica). Il timore quindi è che il nuovo WiMax mobile arrivi rendendo obsoleti gli investimenti già fatti su quello a 3,6 GHz. Sarà un bel nodo da affrontare per la nostra Autorità, per contemperare le diverse esigenze dei vari operatori.
A questo si aggiunge il secondo scoglio: le frequenze che si libereranno con il dividendo digitale, che ora l’Autorità ha definito con una recente delibera. Sono sui 700 MHz, ora usate per la Tv e preziosissime per dare un futuro alla banda larga mobile, come ricordato ora anche dalla Commissione europea. Peccato però che nella delibera si parli solo di tv e non di banda larga, a causa un pasticcio internazionale in cui si è infilata l’Italia per aver sottovalutato la questione per anni. Adesso le nostre istituzioni dovranno recuperare il tempo perduto, altrimenti ne nasceranno ulteriori ritardi dell’Italia rispetto all’Europa, sul fronte della banda larga.