Google ha continuato ad accedere alle posizioni degli utenti anche dopo che la disattivazione della condivisione del GPS: questo è quanto dichiarato da un tribunale.
Google contro il tribunale dell’Arizona: che succede?
Dei documenti giudiziari recentemente trapelati in rete hanno affermato che il gigante della tecnologia sapeva che era difficile per gli utenti di smartphone mantenere private le informazioni in merito alla posizione. L’apparente violazione della privacy da parte del gigante della ricerca, è emersa in alcuni documenti del tribunale dell’Arizona in una causa che vede coinvolta l’azienda.
Sembra che la questione fosse comune ai massimi dirigenti e ingegneri di Google. Pare che l’OEM americano abbia continuato a raccogliere dati sulla posizione degli utenti anche dopo aver disattivato la condivisione della posizione sui propri dispositivi.
Un’altra accusa è che la società ha reso difficili da trovare le impostazioni sulla privacy. Inoltre, BigG avrebbe anche fatto pressioni sui produttori di telefoni per nascondere le impostazioni sulla privacy affinché gli utenti possano mantenere attive regolarmente i parametri del GPS.
La causa è stata intentata dallo stato americano dell’Arizona contro Google, sostenendo che la società ha violato segretamente la privacy degli utenti monitorando illegalmente la posizione degli utenti Android senza il loro consenso.
Il procuratore generale dello stato dell’Arizona, Mark Brnovich, ha intentato la causa nel 2020 per conto dello Stato. Ha inoltre affermato che Google ha mantenuto la funzione di localizzazione in esecuzione in background per alcune attività sui dispositivi Android dei clienti anche dopo che gli questi l’hanno disabilitata.
Tra i sussidi richiesti da Brnovich c’è il fatto che il tribunale costringa Google a rimborsare i profitti accumulabili dalla monetizzazione dei dati sulla privacy raccolti attraverso gli annunci che sono stati offerti ai residenti dell’Arizona. Se dovesse essere ritenuta colpevole, Google potrebbe anche essere soggetta alle leggi antifrode dell’Arizona che prevedono multe fino a 10.000 dollari per ogni violazione.
La causa dell’Arizona è un altro dei grovigli legali della società con cui continua a confrontarsi negli ultimi anni. Google, dal canto suo, sta accusando il procuratore generale dell’Arizona e i suoi concorrenti di cercare di caratterizzare erroneamente i suoi servizi.
Il portavoce Jose Castaneda insiste sul fatto che la compagnia ha sempre integrato funzionalità per la privacy nei suoi prodotti e fornito solidi controlli per i dati sulla posizione. La società spera che il caso in esame la aiuti a mettere le cose in chiaro sulle accuse mosse contro di essa.