Sembra proprio che i servizi basati sulla tecnologia
i-Mode, l’equivalente giapponese del nostro WAP, non stiano riscuotendo il successo
che la compagnia telefonica NTT DoCoMo vorrebbe far credere al mondo: il numero
degli utenti che in Giappone utilizza effettivamente il cellulare per gestire
la posta elettronica, leggere le ultime notizie o investire in Borsa potrebbe
essere sensibilmente inferiore a quello degli abbonati al servizio i-Mode. In
altre parole molti degli utenti che risultano essere abbonati a i-Mode continuano
ad utilizzare il cellulare esclusivamente per le telefonate.
Un dubbio di questo genere è venuto anche
a Phil Keys del Nikkei Internet Technology (NIT), che da tempo si chiedeva quali
fossero i motivi per cui i servizi i-Mode avevano avuto successo, mentre per
quelli basati sulla tecnologia WAP si parlava di fallimento commerciale. Dalle
ricerche condotte da Keys emerge che in Giappone molti rivenditori abbonano
automaticamente gli utenti ai servizi i-Mode non appena si presentano per l’acquisto
di un nuovo cellulare (il canone mensile di abbonamento base a i-Mode costa
circa 6 mila lire).
I negozianti sono incoraggiati ad attivare i servizi
i-Mode con una provvigione di poco più di 35 mila lire per ogni cliente
acquisito e, a detta di Keys, per non ritrovarsi abbonati bisogna specificarlo
espressamente al rivenditore.
A supporto delle