Se i test di benchmark funzionano per i PC, sui dispositivi mobile arrancano.
Bisogna valutare un dispositivo "stressandolo" non su app (anche complesse), ma nel momento del gioco.
Ma come si fa a valutare uno smartphone alle prese con l’ultimo gioco 3D? Con quale benchmark?
Gli stessi Geekbench o AnTuTu, considerati test molto seri, esprimono, però, dati freddi che sintetizzano l'uso normale di un dispositivo. Non fanno riferimento a un elemento fondamentale nel gaming cellulare: i frame al secondo, senza dei quali qualsiasi analisi è monca.
Qui entra in gioco Gamebench, azienda che sta perseguendo l'obiettivo di svelare cosa avviene ai nostri smartphone quando li usiamo per giocarci. L'azienda ha detto che la maggior parte dei giochi per cellulari è limitata a 30 fps, con pochissimi giochi che osano i 60 fps. Probabilmente, è una scelta fatta per salvaguardare i consumi della batteria. Ma allora a che serve avere un processore "mostruoso" quando, nella pratica, è "mortificato" dal far girare un gioco a non più di 60 fps?
Gamebench analizza i dispositivi durante il gioco
Dai test di Gamebench viene fuori uno spaccato drammatico per i dispositivi Android: l'iPhone SE, ad esempio, fa girare Lara Croft Go (giochino divertente con elementi grafici non particolarmente elaborati) a ben 59 fps mentre il Samsung Galaxy S7 Edge (con processore Snapdragon 820 e GPU Adreno 530) non supera i 44 fps e l'LG G5 (stesso processore) non va oltre i 42. Anche l'HTC 10, secondo i test di Gamebench, si ferma a 44 fps.
Morale della favola: sul gaming mobile, iOS stravince fornendoci la prova che i giochi per cellulari nascono per i dispositivi Apple per poi venire, solo successivamente, tradotti per Android.
D'altronde, lo sviluppo per iOS, lato sviluppatori, è considerato più redditizio e c'è meno lavoro di testing da fare: chi progetta un gioco su iOS dovrà testarlo solo su iPhone e iPad. Al contrario, lo sviluppatore Android dovrebbe sbattere la testa per testarlo su un numero incredibile di dispositivi.
In realtà, in nome dell'ottimizzazione del tempo/lavoro, lo sviluppatore Android sceglie solo alcuni dispositivi di riferimento e procede con una programmazione col freno tirato, per accontentare quante più architetture possibili.
E questo è il risultato.