L’internet banda larga su rete mobile ha fame di nuove frequenze, come spiegato, per abbattere costi e aumentare la velocità, ma l'Italia su questo fronte pare titubante. Altri Paesi stanno correndo: nei giorni scorsi, per esempio, il governo tedesco ha stabilito che metterà all'asta le frequenze tv sui preziosissimi 700 MHz che si libereranno con il dividendo digitale, cioè con il passaggio dalla tv analogica a quella digitale terrestre. Il governo stima che serviranno a ridurre i sette volte i costi in capo agli operatori mobili (ovvio che è per loro un investimento comunque con un tasso di rischio, visto che dovranno pagare per aggiudicarsi le licenze). Il ricavato dall'asta, che finirà nelle tasche dello Stato, servirà a finanziare le reti in fibra ottica nelle case (Next generation network).
E' un'asta già fatta negli Usa e le frequenze sono finite nelle mani degli operatori mobili, che le useranno quindi per potenziare la banda larga 3G e, in prospettiva, 4G. Il Regno Unito ha pure preso posizione: l'Autorità nazionale tlc (Ofcom) ha stabilito che un terzo delle frequenze liberate andranno all'asta per gli operatori mobili. La situazione è stata studiata da Arcep, l'Autorità tlc francese. Ha visto che gli scenari sono due: le nuove frequenze potrebbero servire a creare 48 canali tv in alta definizione per coprire il 74 per cento della popolazione. Oppure, stima Arcep, potrebbero essere assegnate per la banda larga mobile e in questo caso i benefici per gli utenti e per il mercato sarebbero nettamente superiori. Pari a 25 miliardi di euro di indotto per 12 anni a partire dal 2012; più 4,8 miliardi di euro per il relativo impatto che il settore tlc avrebbe sul prodotto interno lordo nazionale.
In Italia i passi fatti in questa direzione sono pochi. Telecom Italia finora non ha citato la questione del dividendo digitale, negli interventi pubblici, a differenza di altri operatori esteri, segno che ancora non sta facendo manifeste pressioni politiche su questo tema. Lo scenario peggiore sarebbe se le nuove frequenze venissero assegnate alle emittenti senza aste pubbliche (com'è avvenuto per quelle ora usate per la tv analogica). Lo stato perderebbe un'occasione per fare cassa e finanziare le reti di nuova generazione, come invece farà la Germania. Se l'asta ci sarà, ma porterà le frequenze in mano alle emittenti tv, sarà invece un'occasione persa per lo sviluppo internet nazionale e per l'economia tutta (se è vero, come stima Arcep, che nuovi canali in alta definizione non portano benefici sistemici pari a quelli della crescita della banda larga). Scenario complesso, perché sull'utilizzo del dividendo digitale pesano anche caratteristiche proprie del mercato italiano, non paragonabili a quelle degli altri Paesi: da noi ci sono molte più emittenti tv locali, è una selva di antenne, di conseguenza gli spazi per il dividendo digitale sono ridotti.