La fotografia computazionale, secondo bigG, nasce dall’intersezione tra le modalità più tradizionali di acquisizione delle immagini e l’impiego degli algoritmi di intelligenza artificiale. Ne è espressione concreta la funzionalità Foto Notturna introdotta da pochi giorni per i più recenti dispositivi della linea Pixel, attraverso un aggiornamento dell’applicazione Fotocamera. L’abbiamo messa alla prova sul Pixel 3 XL per capire di cosa è capace. Una precisazione: le immagini incluse in questo articolo non sono state sottoposte ad alcun intervento in fase di post-produzione ad eccezione del ridimensionamento necessario per adattarle alla pagina.
Pixel 3 e Pixel 3 XL: Foto Notturna
Come già detto, si basa sull’IA: funziona catturando una moltitudine di immagini in rapida successione, in un lasso di tempo pari a qualche secondo (dipende dalle condizioni di illuminazione e dal tremolio dell’utente), per poi andare a sommarle generando in output un solo file. L’obiettivo è quello di ottenere al termine dell’elaborazione uno scatto ben illuminato e privo di rumore. Dopo aver installato l’update, quando si apre la Fotocamera e si inquadra una scena con poca luce, un messaggio nella parte inferiore dello schermo suggerisce di passare alla modalità Foto Notturna, come nello screenshot di seguito. In alternativa è possibile attivarla dalla sezione Altro dell’app.
Così facendo l’interfaccia cambia. Una volta inquadrata la scena e premuto il pulsante di scatto viene chiesto di rimanere il più possibile fermi per alcuni secondi. Al termine lo smartphone combina i vari frame e restituisce il risultato finale.
Di seguito sempre il Duomo nella piazza centrale di Crema (CR) immortalato dalla stessa posizione, ma con la modalità disattivata.
Per capire quale sia il livello qualitativo dei dettagli salvati con Foto Notturna, ingrandiamo la prima delle due immagini fino a ottenere uno zoom 1:1.
Dopo aver lasciato una piazza ben illuminata della città ci siamo spostati in un’altra location con fonti di luce meno intense, per un test in condizioni meno favorevoli. Di seguito l’immagine salvata con Foto Notturna su Pixel 3 XL.
Qui sotto la stessa scena con la modalità disattivata. In questo caso la differenza è evidente (si noti ad esempio il rumore nel cielo).
Ancora un ingrandimento 1:1 della prima immagine, per apprezzare come nonostante l’esposizione si prolunghi per diversi secondi, Foto Notturna non impedisce di “congelare” il movimento dei soggetti, in questo caso una persona che passeggia nella parte più lontana dell’inquadratura. Lo zoom ci permette di osservare anche la presenza di rumore, soprattutto nelle ombre.
Terzo test per la tecnologia di Google, in condizioni di luce ancora meno favorevoli: intorno non ci sono lampioni né altre fonti luminose e a occhio nudo si è immersi nella quasi totale oscurità. In questo caso mostriamo solo ed esclusivamente lo scatto acquisito con Foto Notturna poiché disattivando la modalità l’immagine risulta pressoché nera in ogni sua parte.
Al livello di ingrandimento 1:1 il rumore è parecchio ed emerge una certa difficoltà nell’eseguire una corretta messa a fuoco.
Un’ultima immagine dalla quale si nota un bilanciamento dei colori che in alcuni casi tende a una saturazione eccessiva.
In conclusione, possiamo affermare che Foto Notturna fa esattamente quanto promesso da Google: ricorrendo all’intelligenza artificiale simula quanto si otterrebbe con una lunga esposizione posizionando la fotocamera o lo smartphone su un treppiede. Lo fa però a mano libera, andando a compensare movimenti involontari e tremolii, restituendo un risultato tutto sommato convincente.
Trattandosi di una soluzione software, il vantaggio è costituito dal fatto che il gruppo di Mountain View potrà continuare a migliorarne l’efficacia, semplicemente perfezionando gli algoritmi e non costringendo l’utente a un upgrade hardware.
A Google riconosciamo il merito di chiamare le cose con il loro nome: non si ha la pretesa di sostituire le ottiche di reflex e mirrorless. Parlando di fotografia computazionale si fa riferimento a una modalità di acquisizione ben precisa, con metodi che fanno leva sulle potenzialità software per supplire a limitazioni hardware proprie dei dispositivi mobile che altri cercano di aggirare ricorrendo all’integrazione di un numero di sensori in costante crescita.