Secondo quanto si apprende, sembra che DJI abbia deciso di sospendere – almeno per il momento – il suo business sia in Ucraina che in Russia. È la prima volta che, almeno ufficialmente, la Cina risponde alla guerra in atto fra i due paesi orientali.
Il colosso cinese ha detto che non venderà più i suoi prodotti nei territori in guerra e cercherà di rivalutare i requisiti di conformità in più mercati.
DJI: la prima azienda cinese a prendere le distanze dalla Russia
Si scopre che sono stati molti gli ucraini che hanno accusato DJI di aver fatto scoprire i propri dati ai soldati russi che stavano assaltando il paese. La compagnia, dal canto suo, ha ritenuto infondate queste voci e proprio poche settimane fa, l’azienda aveva ribadito che la compagnia non vende dispositivi per uso militare: “II diversi utilizzi da quelli prefissati in fase di lancio non sono ammessi”.
Notiamo poi che mentre molte realtà occidentali hanno lasciato la Russia pere lavorare al fianco dell’Ucraina, la Cina ha preferito – come sempre – essere equa, lasciando entrambi i mercati. Inoltre, Pechino si sta dimostrando essere neutrale, criticando la guerra ma non schierandosi con nessuna fazione.
Pensiamo anche a BOE, noto chipmaker cinese, che ha rifiutato di dichiarare di aver un impianto in Russia; al contrario, Huawei ha mollato la presa nel territorio di Putin. DJI, semplicemente, ha ritenuto di interrompere le vendite in entrambi i paesi perché ciò che sta avvenendo con i suoi device viola i principi cardine dell’azienda. La società condanna l’uso malevolo dei suoi droni per gli attacchi bellici.
Dulcis in fundo, la decisione cardine di lasciare i due paesi è avvenuta dopo le diverse segnalazioni ma soprattutto sopo che un funzionario del marchio aveva visto, da alcuni filmati emersi online, che l’esercito russo usava i suoi droni per attaccare i soldati e i civili ucraini. L’azienda non ha potuto negarlo e non è riuscita ad imporre un controllo su chi compra i suoi device; ecco perchè ha scelto di mollare la presa, temporaneamente, nei territori in conflitto.
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