Coronavirus: su WeChat c'è la censura automatica

La popolare app di messaggistica, WeChat, e altre piattaforme cinesi sembrano aver deciso di censurare i contenuti sul Coronavirus: le motivazioni.

L’app di messaggistica più diffusa in Cina, WeChat, di proprietà di Tencent, ha deciso di applicare una censura sulle parole chiave riguardanti i temi legati al Coronavirus e questo, secondo una recente analisi del gruppo di ricerca Citizen Lab, a partire dallo scorso 1° gennaio. E non sarebbe la sola piattaforma ad aver avviato questa policy: una censura simile è stata applicata anche dalla popolare piattaforma di livestream cinese YY.

La censura sul Coronavirus in Cina

Per testare il protocollo di censura legato alla malattia da Coronavirus, ufficialmente definita COVID-19 dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), e ai topic collegati su WeChat, il gruppo di ricerca Citizen Lab, in collaborazione con l’Università di Toronto, ha avviato delle conversazioni, sia in chat di gruppo che a tre account WeChat di prova, due in Canada e uno in Cina, inviando titoli di giornali e messaggi di testo su questo tema.

Il risultato è stato eclatante: 132 combinazioni di parole chiave sono state censurate nel mese di gennaio. Un numero salito all’impressionante quota di 516 parole chiave entro la seconda settimana di febbraio, a conferma del fatto che con il diffondersi dell’epidemia il processo di censura è stato ulteriormente ampliato (+384 parole aggiunte in sole 2 settimane).

Un fatto piuttosto limitante per le persone che quotidianamente dialogano su WeChat, corrispondente praticamente al nostro WhatsApp, e che non è ancora chiaro se dipenda da una decisione presa dall’azienda o se invece si tratti di una scelta imposta dal governo cinese.

Censura Coronavirus

Tra l’altro anche su altre piattaforme, come YY, un servizio molto simile a Twitch, risultano bloccate a partire da 31 dicembre 2019 ben 45 parole chiave legate al tema Coronavirus. Qui, però il trend è stato leggermente inverso, con il numero di parole chiave che ora è sceso a 40, pur mantenendo un sistema di blacklist dedicato alla parola Coronavirus e affini, compreso il nome del dottore che, anticipatamente, aveva avvisato tutti del Coronavirus (e che poi ha contratto il virus ed è morto il 7 febbraio).

Fonte: Citizenlab

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