Il CNCU (“Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti“), “organo rappresentativo delle associazioni dei consumatori e degli utenti a livello nazionale“, intende imporre ai provider un giro di vite: stop ai cambi unilaterali dei contratti dei servizi di telefonia. Il tentativo è quello di imporre un giro di vite ad un sistema che vede troppo spesso vessati gli utenti i quali, disarmati di fronte a talune situazioni, rinunciano anche ai ricorsi lasciando eccessiva forza contrattuale alle aziende.
Il CNCU, spiega il Ministero dello Sviluppo Economico, “segnalerà la questione all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sollecitandola ad intervenire sulla normativa che regola il cosiddetto ‘tacito assenso’“. A comporre il CNCU sono 20 associazioni di tutela dei consumatori, dunque la decisione ha un chiaro peso poiché forte di un fronte coeso contro pratiche ritenute non più accettabili. Ad essere tirata in ballo è però l’autority competente, alla quale spetta ora un intervento chiarificatore che ponga fine a pratiche ritenute scorrette e fuori dal tempo.
Più in particolare, per tutelare i consumatori dall’attivazione di servizi non richiesti e di cui comunque generalmente l’utente non è consapevole, il CNCU provvederà alla richiesta di un confronto con il tavolo delle associazioni dei consumatori presenti presso l’Agcom con l’obiettivo di sollecitare un approfondimento delle norme con cui la stessa Autorità ha a suo tempo regolato la materia dei contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica.
Inoltre, aspetto direttamente correlato e forse ancor più importante, le associazioni parte del CNCU proporranno una modifica al Codice delle Comunicazioni per far sì che non si possa più agire sul semplicistico principio del tacito assenso: l’obiettivo è quello di dare massima concretezza e immediatezza alle garanzie per gli utenti, affinché si possa davvero tutelare il singolo cittadino rispetto a pratiche predatorie troppo frequentemente incentrate su modifiche contrattuali nel contesto di un rapporto eccessivamente sbilanciato in favore dei provider.