Nonostante la crisi di Governo in atto da giorni, il Canone Rai da gennaio 2023 non potrà più essere incassato tramite le bollette della luce. La nuova modalità dovrà perciò essere conforme alle normative dettate dall’Unione Europea in termini di concorrenza di mercato dell’energia elettrica.
Ciò comporta che prima o poi venga definito un nuovo metodo di incasso per l’abbonamento radiotelevisivo italiano. Tra le varie ipotesi che si sono susseguite in questi mesi, durante proprio i giorni in cui Draghi ha perso la fiducia, è stata sollevata la possibilità di un Canone Rai regionale.
In pratica, l’abbonamento radiotelevisivo potrebbe passare alle Regioni, un po’ come succede nelle province autonome di Trento e Bolzano oltre alle Regioni a statuto speciale. È questa la proposta indicata in un report realizzato dal Corecom della Regione Veneto a cura del professor Jacopo Bercelli dell’Università di Verona:
La regionalizzazione dei servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi è possibile. Esistono non solo le basi giuridiche, ma ci sono i presupposti tecnici e tecnologici.
Canone Rai: nel 2023 potrebbe passare alle Regioni
L’idea di rendere regionale il Canone Rai emerge anche da un dato di fatto che ha sottolineato Marianna Sala, presidente del Corecom Lombardia. Difatti, negli ultimi anni sembra proprio che, in merito all’informazione proposta, stiano riscontrando sempre più successo i programmi regionali.
Il loro indice di ascolto è in forte crescita. Questo perciò fa pensare che anche la stessa Rai potrebbe diventare regionale. Ciò andrebbe a modificare il contratto di servizio con l’emittente radiotelevisiva italiana per il quinquennio 2023-2028.
Tra l’altro, secondo un esposto del professor Bercelli, ci sono tutte le basi giuridiche per rendere il Canone Rai un abbonamento gestito direttamente da ciascuna Regione, rendendo così regionale anche la stessa Rai che potrebbe beneficiarne economicamente:
Sappiamo che la Rai è un ente pubblico, per quanto organizzato come una Società per azioni. In secondo luogo la telecomunicazione assolve a un servizio pubblico. Da ultimo, le Regioni possono attivare stante la normativa vigente contratti di servizio con la Rai. Nella storia, dal 1975 ad oggi, la regionalizzazione del sistema radiotelevisivo è stata una costante che ha affiancato il processo devolutivo e l’applicazione della sussidiarietà, sebbene non abbia trovato applicazione concreta eccezion fatta per le Regioni e Province a statuto speciale. I presupposti giuridici, comunque, ci sono e ciò che serve è la volontà di affrontare, anche attraverso la stesura di leggi regionali ad hoc, l’argomento.
A questo ragionamento si unisce anche il pensiero di Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale del Veneto che, proprio in merito a Rai e Canone Rai, in questi giorni ha spiegato:
Esiste un patrimonio anche di professionalità oltre alle tecnologie avanzate per cui diciamo che è possibile immaginare un sistema radiotelevisivo e multimediale pubblico gestito su base regionale sostenuto, ad esempio, con parte della quota del gettito del canone televisivo pagato dai cittadini veneti.
So che in alcuni consigli regionali, la Lombardia ad esempio, si sta già elaborando una legge specifica e credo che il Veneto possa affrontare un percorso analogo.
Nel frattempo però la Francia ha deciso di abolire il Canone TV eliminando la tassa dei 138 euro l’anno legata alla televisione pubblica. Purtroppo sembra che l’Italia al governo, almeno fino all’altro giorno, non stia nemmeno guardando di striscio questa decisione.