Il Canone Rai è una delle tasse più odiate dagli italiani. Il giorno in cui dovesse essere eliminato, insieme al bollo auto, verrà indetta festa nazionale. Tuttavia, attualmente è necessario ancora pagarlo e, fino al 2023, continuerà a essere addebitato in fattura tramite la bolletta dell’energia elettrica.
Si tratta di 90 euro spalmati a rate lungo tutto l’anno, in corrispondenza con l’emissione della bolletta della corrente. Questo sistema rimarrà in vigore ancora per poco perché, stando alle normative sul mercato libero della concorrenza, l’Unione Europea non accetta voci estranee alla quota energia. Perciò, con molta probabilità, dal 2023 entrerà in vigore un nuovo modo per assolvere a quello che la Rai preferisce chiamarlo abbonamento televisivo.
Se in Francia si parla di una possibile abolizione del Canone TV, in Italia sembra sia più vicino il giorno di un aumento. Onestamente, sono molte le famiglie che di questi tempi stanno facendo diversi calcoli per ridurre molte spese e arrivare a fine mese. Quasi 100 euro all’anno farebbero proprio comodo. Quindi in tanti si stanno chiedendo se usando solo piattaforme di streaming on demand gratuite o a pagamento, come Netflix e simili, è comunque obbligatorio pagare il Canone Rai.
Canone Rai e streaming on demand: il MISE risponde
Quindi, se un utente dovesse avere uno schermo che usa per guardare contenuti presenti sulle più famose piattaforme di streaming on demand deve comunque pagare il Canone Rai? In aiuto arriva proprio una nota tecnica esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) che, in un certo qual modo, chiarisce quando si deve pagare questa tassa e quando invece non è necessario. Ecco cosa dice in merito, partendo dalla definizione di apparecchio televisivo e decoder o sintonizzatore:
Per apparecchio televisivo si intende un apparecchio in grado di ricevere, decodificare e visualizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente (in quanto costruito con tutti i componenti tecnici necessari) o tramite decoder o sintonizzatore esterno. Per sintonizzatore si intende un dispositivo, interno o esterno, idoneo ad operare nelle bande di frequenze destinate al servizio televisivo secondo almeno uno degli standard previsti nel sistema italiano per poter ricevere il relativo segnale.
Detto questo, vediamo ora qual è la definizione che l’Agenzia delle Entrate dà al Canone Rai. In questo modo, confrontando la nota del Ministero dello Sviluppo Economico sopra citata e la dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate, potremo trarre una conclusione in risposta alla tanto agonista domanda.
Il canone di abbonamento alla televisione – dichiara l’Erario – è dovuto da chiunque abbia un apparecchio televisivo e si paga una sola volta all’anno e una sola volta a famiglia, a condizione che i familiari abbiano la residenza nella stessa abitazione.
La risposta alla domanda
Analizzando quanto citato e alla luce di ciò che viene dichiarato dal Ministero dello Sviluppo Economico, in conclusione della nota tecnica sopra menzionata, il Canone Rai non è dovuto a chi fruisce di piattaforme streaming on demand da un apparecchio che non è televisivo e quindi privo del sintonizzatore. Ecco quanto dichiarato nella nota:
Non costituiscono quindi apparecchi televisivi computer, smartphone, tablet e ogni altro dispositivo se privi del sintonizzatore del segnale digitale terrestre o satellitare.
In casi simili, se non si possiedono televisori o decoder atti a sintonizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, è possibile inviare il modello di dichiarazione sostitutiva per essere esonerati dall’abbonamento Canone Rai.