Il TAR del Lazio ha messo una parola definitiva sulla questione delle bollette a 28 giorni che per alcuni mesi hanno cambiato i tempi di fatturazione della telefonia in Italia. Il Consiglio di Stato ha definitivamente respinto le richieste delle compagnie che si erano appellate alle prime sentenze contrarie, il che chiude una volta per tutte la questione con due conseguenze: da una parte v’è la sanzione, dimezzata rispetto alla prima decisione; dall’altra vi sono i rimborsi, aspetto che interessa direttamente i consumatori italiani.
La decisione del TAR era immediatamente andata in questa direzione e la strada dei rimborsi era stata immediatamente intrapresa. Il ricorso delle compagnie aveva però imposto un blocco temporaneo della sentenza, in attesa di misurare in appello la bontà delle decisioni del TAR. La conferma odierna è una pietra tombale sulle bollette a 28 giorni, che verranno così archiviate come una brutta parentesi di mercato ed una indesiderata macchia nei rapporti tra TLC e utenza.
Fatture a 28 giorni: via ai rimborsi
Di questo parla Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando la vittoria ottenuta al TAR:
Vittoria! Habemus rimborsum! Era ora! […] Ora le compagnie dovranno restituire i giorni illegittimamente erosi. I giorni di rimborso che ciascun operatore dovrà riconoscere in fattura ai propri utenti dovrà riguardare il periodo compreso tra il 23 giugno 2017 e la data in cui è stata ripristinata la fatturazione su base mensile, ossia i primi giorni di aprile 2018. Gli operatori dovranno posticipare la data di decorrenza della fattura per un numero di giorni pari a quelli erosi.
Vodafone, Wind-Tre e Fastweb dovranno quindi fare marcia indietro: dopo aver portato le fatture dalla scadenza mensile alla scadenza di 4 settimane (erodendo così 2-3 giorni ogni mese, con aumenti di circa l’8% sulle tariffe ordinarie), non solo sono tornate alla fatturazione tradizionale, ma ora devono rimborsare l’intera cifra indebitamente richiesta. Complessivamente i rimborsi dovrebbero raggiungere una quota vicina al miliardo di euro, qualcosa che ben consente di avere la misura di quanto l’aumento avrebbe inciso sulle tasche degli italiani.
La decisione è stata firmata il 4 luglio ed è stata pubblicamente comunicata in queste ore: si apre adesso la fase entro cui il maltolto dovrà essere restituito. Non inganni l’assenza di TIM dall’elenco delle aziende ricorrenti: in questo caso il ricorso è stato semplicemente presentato in ritardo rispetto ai competitor, il che porterà ad una sentenza tardiva. Ma non per questo, secondo previsioni, sarà di segno differente.