Blu ha alzato ieri mattina bandiera bianca, annunciando
il proprio ritiro dalla gara per l’assegnazione delle cinque licenze UMTS. A
meno che non si decida di annullare la gara per turbativa d’asta, nel caso si
riuscisse a dimostrare che Blu aveva deciso di ritirarsi ancor prima dell’inizio
della fase dei rilanci, il governo si ritroverà ad incassare ‘solo’ 23.550
miliardi (più altri 3.200 che i gestori nuovi entranti Ipse e Andala
dovranno corrispondere per aggiudicarsi uno spettro di frequenze aggiuntive),
un risultato ben al di sotto delle aspettative della classe politica, da mesi
impegnata in accesi dibattiti sulla destinazione dei proventi dell’ UMTS.
Alle 22 di ieri sera i lavori del Comitato dei
ministri per l’ UMTS erano ancora in corso, senza che venisse indicata una soluzione
alla questione dell’asta, che dopo la rinuncia di Blu non è stata comunque
dichiarata conclusa, ma solo sospesa, dal momento che il disciplinare di gara
prevede che un concorrente possa abbandonare il tavolo dei rilanci non presentandosi
per tre sedute di seguito o chiedendo tre pause. Allo stato attuale la graduatoria
è ferma alla decima tornata, con Omnitel in testa con 4.740 miliardi,
seguita da Ipse (4.730 miliardi), Wind e Andala (4.700), Tim (4.680) e Blu (4.490).
In un comunicato Blu, dopo aver annunciato il proprio
ritiro, ha dichiarato che ‘continuerà ad investire nella comunicazione
mobile puntando a crescere nel GSM e nel GPRS’, presentando una serie di servizi
innovativi. Sembra comunque una soluzione di ripiego per un gestore che sin
dall’inizio delle proprie attività commerciali si era presentato con
una serie di proposte tariffare non eccessivamente competitive se raffrontate
con quelle della concorrenza, lasciando intendere di voler attendere l’arrivo
della telefonia di terza generazione per influenzare concretamente il mercato.