Banda larga per tutti: una sfida europea

Portare la banda larga vera ed economica a tutta la popolazione italiana, colmando il digital divide: un sogno di cui si parla molto in questi giorni, in varie sedi istituzionali

Portare la banda larga vera ed economica a tutta la popolazione italiana, colmando il digital divide: un sogno di cui si parla molto in questi giorni, in varie sedi istituzionali. Con l’Italia che però rischia ancora una volta di accumulare ritardi rispetto ad altri Paesi.
L’uovo di colombo che risolverebbe le lentezze della burocrazia italica (leggi: il fatto che la banda larga non sia una priorità dei nostri governi) potrebbe essere una presa di posizione a livello europeo. E cioè che la banda larga venga fatta rientrare, da una direttiva europea, nel cosiddetto servizio universale. Un servizio, cioè, considerato necessario per i cittadini e quindi da cui nessuno deve essere escluso. A quel punto l’operatore dominante sarebbe costretto a coprire tutta la popolazione con la banda larga, un po’ come fa ora con il telefono, che appunto rientra nel concetto di servizio universale. Non è utopia pura: il parlamento europeo proprio qualche giorno fa ha votato a favore di questa direzione, per la prima volta ponendo le basi giuridiche perché la banda larga sia servizio universale. Prima di gioire a questa notizia, guardiamo con calma che cosa significa veramente. È solo un primissimo passo.

Per prima cosa, il parlamento ha solo approvato un testo che ora dovrà passare al vaglio del consiglio europeo e non è detto ci sia accordo. Secondo, la parte che parla di banda larga servizio universale non è una norma vera e propria. Ma è un preambolo, che di fatto consentirà (ma non obbligherà) i governi, in fase di recepimento dell’eventuale direttiva europea, a mettere la banda larga tra i servizi universali. Ciò detto, il dibattito è in alto mare per tanti aspetti: ancora l’Europa non ha definito che cosa sia banda larga. Se deve essere una connessione Adsl, oppure se vanno bene anche il Wimax, il satellite, la rete cellulare; se ci deve essere una velocità minima e un prezzo massimo. Le correnti più progressiste in Europa spingono verso una velocità di circa 2 megabit e una qualità reale che consenta almeno il VoIP, a prezzi “politici” di circa 10 euro al mese.

Eppure, bisogna sperare che l’Europa prenda una direzione forte, perché non è detto che l’Italia riesca a muoversi autonomamente per annullare il digital divide. Proprio l’Italia ne avrebbe bisogno, a causa della sua orografia, ma si pensi che non c’è certezza nemmeno sulla quota degli esclusi dall’Adsl: Telecom parla del 2 per cento, ma il rapporto Caio consegnato al governo dice che sono 7,5 milioni. Da noi non si parla più di quegli 800 milioni di euro che una scorsa finanziaria aveva destinato alla lotta al digital divide, mentre il Regno Unito sta mettendo in piedi un piano da 3,5 miliardi di sterline per dare appunto banda larga a tutti entro il 2012 a 2 megabit.

Da noi si vocifera di piani analoghi allo studio, che sembrano ricalcati su quelli britannici ma con un anno in meno (il 2011), quasi per stupire. Gli utenti internet italiani hanno visto però per anni promesse come queste o persino più circostanziate andare disilluse. Non solo da parte dei governi ma anche di Telecom Italia. Nell’immediato tocca quindi accontentarci dell’iniziativa privata: della copertura WiMax in crescita e di azioni come quella di Vodafone, che sta coprendo con l’HSPA un comune in digital divide al mese (a maggio, il quinto).

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