“In Europa (e in Italia) sta per arrivare una delle più grandi novità della telefonia mobile degli ultimi 20 anni”. Parola di Andrei Tchadliev, analista di Pyramid Research, che a riguardo ha appena pubblicato un rapporto. Si parla del refarming, che porterà nuove frequenze- vale a dire ossigeno per la sopravvivenza- all’Hspa e, in seguito, all’Lte, cioè alla banda larga mobile.
Pyramid sottolinea il fatto che, a differenza dei precedenti salti in avanti della banda larga mobile (vedi aste Umts), questo sarà a basso costo per gli operatori. Il refarming significa, infatti, che gli operatori dovranno pagare un cambio di destinazione d’uso delle proprie frequenze a 900 MHz, per poterle utilizzare anche con l’Hspa e successori. Adesso sono destinate al Gsm/Gprs.
Sono frequenze più pregiate delle attuali (intorno ai 2,1 GHz) usate per la banda larga mobile. Permettono infatti di coprire il territorio con la metà dei costi (hanno una maggiore portata, necessitano quindi di minore antenne) e penetrano meglio attraverso le mura. Il refarming è ora in corso in tutti i Paesi europei, compreso il nostro.
Ad oggi ci sono sette blocchi di frequenze, in Italia; sei sono stati assegnati a Tim, Vodafone e Wind, mentre a 3 Italia dovrebbe arrivare il settimo, per poter competere ad armi pari con gli altri. Sarebbe penalizzato, infatti, se restasse sui 2,1 GHz, mentre gli altri possono fare banda larga sui 900 MHz.
In Italia, inoltre, stanno per arrivare frequenze a 2,1 GHz, ex Ipse. Altre se ne libereranno sugli 1,8 GHz, ora usate alla Difesa.
Nuove frequenze sono necessarie per offrire più banda reale a parità di numero di antenne. La banda è infatti direttamente proporzionale alla quantità di spettro occupato. È un percorso inevitabile, viste già la promesse di banda a 28 Megabit al secondo (per cella, da dividere tra gli utenti connessi), con l’Hspa+ di Tim (che qualcuno erroneamente chiama già Lte).
Non più tardi del 2010, anche Vodafone e 3 Italia faranno lo stesso passo. Il refarming non basta, però. Per il futuro della banda larga mobile, “servono anche le frequenze del dividendo digitale”, dice Tchadliev. Quelle che in Italia- a differenza del resto d’Europa- ancora non si sa se saranno disponibili per gli operatori mobili. Altro tassello, bisogna portare la fibra alle antenne, per assicurare banda a 28 Megabit e oltre. E per ora solo una minoranza di antenne è raggiunta da fibra: sarà l’investimento più difficile, per gli operatori.