Mentre iniziano a delinearsi le varie novità e feature in arrivo con Android 13, Android 12 può contare su “Private Compute Core” per proteggere i dati sensibili salvati all’interno del proprio device Android. Inizialmente etichettata come “Android System Intelligence” durante le numerose versioni beta che hanno accompagnato lo sviluppo di Android 12, solo in seguito al lancio del nuovo OS il team di sviluppo di Google ha deciso di rinominarlo in Private Compute Core.
Ecco a cosa serve Private Compute Core di Android 12
Ma in cosa consiste nello specifico la nuova feature? Essenzialmente si tratta di una sandbox all’interno della quale vengono eseguite app, processi e altri moduli in maniera completamente separata dall’OS. In questo modo, ad esempio, è molto più complicato – ma non impossibile – che un’app “infettata” da codice malevolo possa in qualche modo compromettere i dati privati salvati su un device Android.
Capite bene che la funzionalità è piuttosto importante per tutti gli utenti Android, anche i meno smanettoni: purtroppo, però, Google non è stato in grado di spiegare in parole semplici il funzionamento di una feature evidentemente molto importante per chi ha a cuore la sicurezza e la protezione dei dati salvati sul proprio device. Fortunatamente, però, Dianne Hackborn, sviluppatrice di Google, ha spiegato il funzionamento di Private Compute Core in maniera chiara e concisa.
Inoltre, apprendiamo che la funzionalità non è esclusiva degli smartphone Google Pixel: Private Compute Core trova posto all’interno di tutti gli smartphone Android.