La tecnologia può essere di grande aiuto in questo periodo di contenimento del contagio da Coronavirus, ma non solo per acquisti online, intrattenimento in streaming o cose simili: anche sterilizzare le mascherine può essere una operazione quasi banale se ci si dota del giusto sterilizzatore, usato nel giusto modo e sfruttando le giuste offerte sui principali marketplace.
Useremo probabilmente a lungo le mascherine e l’orizzonte ad oggi è quello per cui, fin quando la Covid-19 non abbasserà la morsa del contagio, non si tornerà alla normalità. In questa nuova lunga fase intermedia, quindi, dovremo imparare a convivere con il nuovo strumento di contenimento del virus, indossandolo ad ogni uscita presso luoghi chiusi (negozi, oppure sul lavoro quando si tornerà negli uffici). La mascherina consente di ridurre le distanze del contagio e di aumentare quindi la distanza virtuale rispetto alle altre persone: diventa un accessorio fondamentale, purché resti igienizzato con continuità attraverso appositi sterilizzatori e venga usato in modo corretto.
Occorre anzitutto far chiarezza: le mascherine di categoria FFP2 e FFP3 sono le uniche a garantire una concreta protezione della persona rispetto al mondo esterno e per questo motivo – in quanto onerose ed estremamente rare – vanno lasciate al personale sanitario esposto in prima persona ai rischi del contagio. Tutte le altre mascherine (che siano chirurgiche, in cotone o qualsivoglia altro materiale si sia trovato) hanno invece una funzione uguale e contraria: non proteggono sé dagli altri, ma gli altri da sé. Uno sterilizzatore UVC può fare la differenza proprio in questi casi, consentendo un uso continuativo e in sicurezza della propria mascherina.
Perché sterilizzare
Le mascherine delle quali andiamo a parlare sono dunque quelle di uso comune, quelle delle quali si consiglia l’adozione nei pochi movimenti consentiti all’aperto (per spostamenti strettamente necessari per salute o per l’approvvigionamento dei beni di prima necessità). Queste protezioni sono spesso appoggiate a tavoli, toccate con mani potenzialmente infettate, esposte al “droplet” altrui: ci proteggono nella misura in cui le lasciamo esposte senza curarne l’igiene. Pensare ad una loro disinfezione regolare, quindi, è un modo ottimale per renderle realmente efficienti e non, al contrario, un possibile catalizzatore di virus che – a seguito di un uso scomposto – vengono poi portati proprio verso occhi, bocca e naso.
Se non si sterilizzano le mascherine, insomma, occorre considerarle dei prodotti usa e getta; in caso contrario vanno igienizzate per poterle riutilizzare in sicurezza.
Gli studi sul coronavirus hanno dimostrato che una superficie esposta al virus può essere causa di contagio per molte ore. La sopravvivenza del virus dipende da molte condizioni, tra le quali temperatura e natura della superficie, ma in ogni caso la durata è compatibile con una sicura pericolosità nel caso in cui una mascherina d’uso comune venga esposta al droplet: senza sanificazione, la mascherina è certamente un “luogo” ad alto pericolo.
Sterilizzare con gli ultravioletti
Un metodo efficace e collaudato per disinfettare le mascherine è l’utilizzo dei raggi ultravioletti. Si tratta di un metodo non solo relativamente semplice da applicare, ma anche sufficientemente economico da poter essere accessibile a tutti. Le alternative non sono infatti confacenti con l’applicazione su tessuti e mascherine: sottoporre a vapore ad alta temperatura, oppure utilizzare Amuchina ed altri prodotti, sono infatti soluzioni con effetti deleteri o sulla tenuta del tessuto, o sull’inalazione successiva.
La radiazione ultravioletta è efficace poiché l’esposizione di batteri, germi e virus a specifiche lunghezze d’onda è in grado di modificarne il patrimonio genetico fino a disattivarne ogni attività. Così facendo ad ogni microorganismo esposto viene inibita la riproduzione, rendendo pertanto pienamente igienica la superficie trattata.
La luce ultravioletta è invisibile all’occhio umano, così come esplicitato dallo stesso nome: “ultra-violetto” significa oltre il viola, ossia il colore con la minor frequenza d’onda percepibile alla vista. Gli ultravioletti sono però suddivisi in differenti categorie che ne identificano usi, conseguenze, applicazioni e potenziale pericolosità. Nello specifico si dividono soprattutto in:
- UVA – Onde lunghe, le onde che provengono dal sole e che sono spesso collegate agli effetti sulla pelle, sull’abbronzatura, sulle schermature delle creme solari o sulla polimerizzazione dei prodotti utilizzati per la manicure (ne sono ad esempio fonte i fornetti elettrici per unghie, solitamente forniti di apposite lampade LED);
- UVB – Onde medie, il cui arrivo sulla Terra è fortunatamente inibito dall’atmosfera che funge da filtro sacrificandosi a salvaguardia degli esservi viventi;
- UVC – Onde corte: come nel caso delle UVB, non arrivano sulla Terra grazie all’effetto di ionizzazione dell’atmosfera che ne ferma il tragitto prima che possa apportare effetti deleteri. Ha effetto germicida, esattamente la qualità utile quando lo scopo è la sterilizzazione.
Raggi UVC
Ecco quindi l’ingrediente fondamentale per la disinfestazione casalinga delle mascherine: i raggi ultravioletti di tipo UVC. Avere a disposizione strumenti che emettono onde di questo tipo può consentire un veloce e semplice trattamento, potendo così sanificare piccoli oggetti (quali le mascherine) senza dover utilizzare altri prodotti potenzialmente pericolosi all’inalazione. Non solo le mascherine, inoltre: anche uno smartphone può essere facile veicolo di contagio qualora venga maneggiato da più persone.
Attenzione, però: i raggi UVC possono essere estremamente pericolosi per la pelle. Eventuali strumenti di questo tipo vanno dunque utilizzati con grande accortezza, evitando l’esposizione del corpo a questo tipo di radiazioni. Altro aspetto da tenere in stretta considerazione è nel fatto che non è sufficiente una esposizione rapida all’ultravioletto per determinare danni cellulari né per un’azione disinfettante: questo significa che la semplice adozione di lampade UVC è probabilmente azione inutile, poiché non consente di utilizzare tale irradiazione nel migliore dei modi e, al tempo stesso, aumenta la possibilità che l’irradiazione coinvolga anche la persona.
Se l’obiettivo è disinfettare le mascherine senza dover procedere ad un vero e proprio lavaggio approfondito con relativa asciugatura e tutto il lavoro correlato, allora la scelta migliore è quella di uno sterilizzatore UVC chiuso, una sorta di fornetto dedicato che possa mettere in sicurezza la persona e possa custodire la mascherina per tutto il tempo necessario all’operazione.
Sterilizzatore UVC: quale scegliere
Fino ad oggi gli sterilizzatori UVC non sono stati oggetti particolarmente ricercati, ma la loro utilità potrebbe farsi più importante nelle settimane a venire con un uso più massivo delle mascherine – ormai universalmente consigliate. Tra le opzioni disponibili a buon mercato, perché sarebbe immotivata la ricerca di strumenti professionali per usi che sono invece limitati a piccole sterilizzazioni quotidiane, abbiamo selezionato strumenti che possano garantire:
- buon prezzo
- buona resa
- dimensioni contenute, ma sufficienti per piccoli oggetti – con specifica attenzione alle mascherine
Le dimensioni andranno inoltre valutate anche in base alla complessità degli oggetti che si intendono sterilizzare: chiucci, biberon e altri strumenti possono essere affidati a più semplici sterilizzatori a vapore, ma quando le dimensioni sono minime ci si può comunque affidare alla semplicità di una lampada UVC adoperata in sicurezza.
59S S2
La prima opzione è disponibile su Amazon e consta di una scatola identificata dal codice 59S S2 di piccole dimensioni, con lampade LED UVC che promettono una valida sterilizzazione in appena 3 minuti. In caso di apertura accidentale il dispositivo si spegne automaticamente, inibendo pertanto l’esposizione fortuita all’ultravioletto.
Dopo aver attivato lo sterilizzatore, aprire il coperchio, posizionare gli articoli che si desidera sterilizzare all’interno, chiudere il coperchio, premere la funzione di avvio a un tasto per 0,5 secondi per iniziare la sterilizzazione di 3 minuti, si sentirà un messaggio vocale (sterilizzazione). Dopo 3 minuti, si spegnerà automaticamente e si sentirà un messaggio vocale (sterilizzazione completata) per ricordare che la sterilizzazione è completata.
Sterilizer
Altro strumento interessante è lo sterilizzatore portatile Sterilizer (44,95 euro), utile anche per la sanificazione degli smartphone. Purché il display non superi i 6,5 pollici, infatti, lo sterilizzatore è in grado di contenere senza problemi la maggior parte degli smartphone e quindi la maggior parte delle mascherine di uso comune.
LKM GekoClean: sanifica e ricarica
Piccolo e semplice, questa è la soluzione GekoClean (69,9 euro) per la sterilizzazione di volumi pari ad uno smartphone o poco più. La scarsa profondità disponibile lo rende utile per un oggetto alla volta, di piccole dimensioni, ma con una particolarità rispetto a tutti gli altri: quando vi si deposita uno smartphone all’interno, oltre a sterilizzarne le superficie ne ricarica anche la batteria. La ricarica avviene tramite carica wireless di tipo Qi e il tutto è assolutamente automatico: si inserisce lo smartphone, si chiude lo sportellino ed alla riapertura ci si troverà la batteria carica al 100% e i virus eliminati al 99,9%.
La soluzione GekoClean si rivela quindi particolarmente intelligente: con un minimo consumo consente di sposare assieme due utilità che impongono la sosta temporanea dello smartphone e al termine del ciclo di lavoro lo smartphone sarà carico e pulito, pronto a tornare in mano.
Sterilizzatore UVC professionale
Altra soluzione disponibile è lo sterilizzatore professionale da 98,99 euro che consente di posizionare mascherine, oggetti e strumenti su una apposita griglia di appoggio. La scheda tecnica dichiara l’uso di raggi ultravioletti con lunghezza d’onda pari a 253,7 nm, il che posiziona l’oggetto nella gamma degli sterilizzatori UVC in grado di portare avanti adeguata funzione di sanificazione.
Il produttore specifica un dettaglio importante, ossia che l’involucro è costituito di tecnopolimeri in grado di proteggere l’operatore dai raggi utilizzati all’interno. Su Amazon sono disponibili anche altri prodotti simili a quest’ultimo, ma in molti casi non è specificata la lunghezza d’onda utilizzata né è precisato il tipo di ultravioletto adottato: per questo motivo non li abbiamo inclusi in questo excursus, poiché non ne è garantita la funzione disinfettante ricercata.